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mercoledì 1 marzo 2017

LITURGIA E APPARTENENZA ALLA CHIESA




Fonte: Enzo Bianchi – Goffredo Boselli, Il Vangelo celebrato (Dimensioni dello Spirito), San Paolo, Cinisello Balsamo 2017. 286 pp.

Gli autori di questo volume sono noti nell'ambito della liturgia. I due monaci di Bose ci offrono un volume originale in un momento in cui c'è un assurdo paradosso: "una Chiesa in uscita e una liturgia in ritirata". "Non ci può essere Vangelo annunciato e creduto senza che ci sia al contempo il Vangelo celebrato. La liturgia è Vangelo celebrato nell'oggi della Chiesa".
Ecco i capitoli del libro: Dal Concilio ad oggi; Vivere e celebrare il tempo; Epifania del Mistero; Santità umana; Parola ed Eucaristia; Presente e futuro della liturgia. Del volume offro in seguito alcune riflessioni su "Liturgia e appartenenza alla Chiesa", scritte da Enzo Bianchi (pp. 29-31):


“… Sulla delicatissima relazione tra Chiesa e liturgia si gioca l’appartenenza alla Chiesa e si possono instaurare forze di divisione e conflitti che sfigurano la comunione ecclesiale. Soprattutto oggi, dopo l’atto misericordioso con cui nel 2007 Benedetto XVI ha permesso l’uso antiquior del Messale di Pio V a ‘gruppi stabili di fedeli che aderiscono e continuano ad aderire a quella forma’, occorre trovare vie in cui si manifesti che la lex credendi è sostanzialmente la stessa nella liturgia tridentina come nella liturgia riformata dal Vaticano II. Si tratta di trovare modi in cui l’articolare unità e pluralismo di usi liturgici, così da spegnere ogni tentazione di conflittualità.

Ecco allora sorgere alcune domande. Innanzitutto, è possibile confessare la comunione cattolica, appartenere all’unica Chiesa, se si giudica l’Eucaristia celebrata nella forma rinnovata come infedele alla tradizione, in rottura con la liturgia precedente? In questo caso il pluralismo permesse diventa separatore! L’appartenenza alla Chiesa non può nutrirsi solo di sensibilità, ma richiede la pratica della comunione e della fraternità che impedisce la non accoglienza della diversità, dell’essere insieme pietre vive dell’unica Chiesa (cfr. 1Pt 2,5). La pluralità di riti è nella tradizione e nella natura universale della Chiesa, ma è pluralità coerente con la diversità di comunità, tradizioni, lingue, culture, che non si condannano né si escludono a vicenda.

Confessando un rispetto pieno verso chi aderisce a un rito o a una forma rituale, si può fare un’altra domanda: è sufficiente una sensibilità per decidere la liturgia che si pratica, e quindi come appartenere alla Chiesa? Non è questo un cedimento alla dominante post-moderna secondo cui si sceglie e, di conseguenza, si ha diritto a vedere soddisfatta la propria sensibilità, qualsiasi essa sia? L’appartenenza al corpo della Chiesa la si sceglie oppure la si accoglie, se essa deve significare una partecipazione effettiva alla vita della comunità in cui si è stati battezzati e generati a Cristo? Ecco quindi un tema sul quale soprattutto il vescovo, ‘moderatore della liturgia nella sua diocesi’, deve operare un discernimento con molta carità, con molta misericordia ma anche con vigilanza e intelligenza liturgica, affinché non prevalga il pensiero che la liturgia è solo una forma di preghiera che si adatta a piacimento, ‘secondo la propria sensibilità’: questo sarebbe relativismo liturgico. La liturgia deve garantire l’unità del corpo ecclesiale, oggi minacciata non dal pluralismo degli usi rituali ma dal non riconoscimento pieno e leale di questa pluralità legittima e dal fare del proprio uso rituale una bandiera, un’insegna, un uso rituale da propagandare a scapito di altri e diffondere. Ho l’impressione che proprio chi dice di esigere più rispetto per la santissima messa, sovente volendola celebrare per motivi nostalgici, se non addirittura di ostentazione e di folklore, ne ferisca la santità…

L’Eucaristia può essere celebrata solo per ‘edificare la Chiesa’ e per confessare l’appartenenza reale a essa, corpo di Cristo nel mondo”.