Is 66,10-14c; Sal 65 (66); Gal 6,14-18; Lc
10,1-12.17-20
Le tre letture parlano
della salvezza, della realtà nuova che Dio ha operato in noi. Nel vangelo vediamo
che Gesù invia i suoi settantadue discepoli (tanti quanti sono le nazioni
pagane secondo Gen 10) in missione di “pace”, a “curare i malati” e ad
annunciare: “È vicino a voi il regno di Dio”. Che cos’è il regno di Dio? Per
rispondere a questa domanda, iniziamo dalla prima lettura, la quale riporta un
brano profetico pronunciato in un momento difficile per la storia d’Israele:
dopo l’esilio di Babilonia, la situazione di coloro che sono ritornati a
Gerusalemme è disperata; praticamente c’è penuria di tutto. È il momento
impegnativo della ricostruzione. In questo contesto, il profeta annuncia un
futuro di gioia e di benessere. Quale rapporto ha tutto ciò col regno di Dio?
Quando la Bibbia parla del regno di Dio usa un concetto molto generale. Esso
comprende anche l’appagamento di quei desideri umani che sorgono nei cuori
degli uomini e nutrono le speranze dei popoli specie nei momenti di prova. Così
si oppongono al regno di Dio la malattia, la morte, la povertà opprimente, la
fatica, l’oppressione politica e sociale,
Nel brano della seconda
lettura, san Paolo annunzia al centro del suo vangelo la croce di Cristo,
sorgente dell’essere “nuova creatura”. Il regno di Dio, di cui stiamo parlando,
si realizza anche attraverso la via della croce. La croce assume in sé tutta la
violenza dell’uomo, anzi essa è il risultato tenebroso dell’azione stessa di satana,
ma nello stesso tempo la croce afferma la vittoria definitiva dell’amore di Dio
sulle tenebre del peccato e della morte. È solo la conformità esistenziale alla
croce, che ci unisce intimamente al Cristo glorioso.
Il messaggio di questa
domenica lo si può riassumere in tre immagini: la gioia che scende su Gerusalemme, di cui parla il profeta, e anche la
gioia che, secondo il vangelo, riempie il cuore dei settantadue discepoli al
ritorno della missione; la cura dei
malati come segno del regno di Dio che è vicino; la croce che ci rende partecipi della passione di Cristo e non veniamo
meno perché sappiamo di essere partecipi anche della sua forza e della sua
risurrezione. Tre immagini della salvezza, della realtà nuova, della nuova
creatura, del regno di Dio.