martedì 15 aprile 2025

GIOVEDI SANTO: MESSA VESPERTINA “IN CENA DOMINI” 17 Aprile 2025

 



 

 

Es 12,1-8.11-14; Sal 115 (116); 1Cor 11,23-26; Gv 13,1-15

 

Il brano evangelico d’oggi inizia con queste parole: “Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine”.  La sera del Giovedì Santo celebriamo l’ora di Gesù, l’ora in cui egli manifesta pienamente se stesso facendosi dono per noi. Infatti, in questa celebrazione del Giovedì Santo la Chiesa fa memoria di tre avvenimenti, apparentemente diversi, ma in realtà strettamente connessi: l’istituzione dell’eucaristia, l’istituzione del sacerdozio ministeriale e il comandamento nuovo della carità fraterna. Questi tre doni di Cristo alla sua Chiesa sono l’autentico testamento di Gesù vicino ormai alla sua ora, cioè al passaggio da questo mondo al Padre. È un testamento dettato dal grande amore di Gesù per noi, segno vivo ed efficace della sua presenza a nostro favore.

 

Qual è il senso profondo di questo testamento? Possiamo coglierne il significato nel gesto della lavanda dei piedi: Gesù lava i piedi ai suoi discepoli. Questo gesto non è solo un atto di umiltà. E’ qualcosa di più profondo. San Giovanni ha voluto parlarne al posto del racconto dell’ultima cena. Tutti gli altri evangelisti, e anche san Paolo (cf. seconda lettura), ci narrano con grande cura l’istituzione dell’eucaristia e, implicitamente, quella del sacerdozio ministeriale (cf. “Fate questo in memoria di me”). San Giovanni invece ha voluto darci attraverso il gesto della lavanda dei piedi il significato del dono offerto a noi da Cristo nell’eucaristia: “Se io – dice Gesù – il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi”. Non è tassativamente la lavanda dei piedi in se stessa che prescrive Gesù, quanto piuttosto quella disponibilità totale di servizio, di dono di sé ai fratelli che si esprime nel gesto della lavanda. Gesù compie un gesto di servizio e di abbassamento, di dono di sé per il bene degli altri. San Giovanni presenta quindi l’eucaristia come il sacramento dell’abbassamento, dell’obbedienza, del sacrificio spirituale e dell’amore di Cristo, del dono totale di sé per la salvezza di noi tutti.

 

Il dono di sé che Gesù consuma il Venerdì Santo quando porta a compimento la sua missione in totale sottomissione alla volontà del Padre fino alla morte e morte di croce, è perennemente presente nell’eucaristia affinché noi possiamo ricevere i frutti di questo donarsi del Signore per noi. Quando Gesù prende il pane fra le sue mani dice: “Questo è il mio corpo offerto in sacrificio per voi...” Quando prende il calice del vino dice: “Questo è il calice del mio sangue versato per voi...” Ecco quindi che quando Gesù istituisce l’eucaristia ci spiega il significato della sua morte come dono di sé per la vita del mondo, dono perennemente presente in mezzo a noi nei segni del pane e del vino.

 

Possiamo affermare che il messaggio del Giovedì Santo è tutto qui. Vivere, ad esempio di Cristo, la nostra fede come dono di noi stessi al servizio dei nostri fratelli e sorelle, nella obbedienza a Dio Padre. Questo è il senso dell’eucaristia, questa è la missione fondamentale del sacerdozio ministeriale nella Chiesa e questo è il nocciolo della vita cristiana sintetizzata nel comandamento nuovo dato da Gesù quando dice: “Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati” (Gv 15,12).