Il canto Laudato si’ di san Francesco e
l’enciclica Laudato si’ di papa Francesco ci aiutano a comprendere
l’importanza di una lode/benedizione cosmica: farci scendere dal piedistallo in
cui un certo soggetto-centrismo ci ha collocato.
In quest’ottica, il capitolo 3 del libro di Daniele
resta uno splendido esempio di Cantico delle creature. Ci pare di essere
davanti ad una sorta di ricapitolazione della creazione, in cui la benedizione discendente
diventa ascendente, e tutto quanto è stato posto in essere a sua volta
“bene-dice” il Signore: cieli, acque, sole, luna, stelle, piogge, rugiade,
venti, fuoco, terra, monti, creature che germinano sul terreno, mari, fiumi,
quanto si muove nell’acqua (persino i mostri marini) e nell’aria, tutti gli
animali selvaggi e domestici. Tutto, nell’imperativo ottativo della preghiera,
viene invitato a benedire il Signore. Fino ad arrivare ai figli dell’uomo e,
quindi, a tutti i figli e figlie della stirpe umana. Nel cantico ci sono i nomi
di Anania, Azaria e Misaele, nel nostro cantico quotidiano, i nostri nomi. In
una benedizione corale, senza parole, ma di ogni creatura, nella sua
specificità. Perché il vero “dire” del benedire (sia quello del Creatore, sia
quello delle creature) è silenzioso. “I cieli narrano la gloria di Dio, l’opera
delle sue mani annunzia il firmamento”; Sal 19. Un silenzio “dicente” in
cui l’essere (ogni essere) si dona (può donarsi) cor-rispondendo così al vento
pieno di rugiada (Dn 3,50), al mormorio di brezza leggera, alla voce di
silenzio sottile (I Re 19, 12), da cui tutto ha preso e prende forma. Un
dialogo non fatto di parole (significanti), ma di segni (significati). Torniamo
così alla radice inglese e tedesca del benedire: “segnare”.
Fonte: Annalisa Caputo, Il “sì” della vita
alla vita. Benedizione, riconoscimento, riconoscenza, in “Rivista di
Pastorale Liturgica”, n. 368 (1/202), pp. 9-10.