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domenica 22 dicembre 2024

DISTRUGGERE IL SACRO?

 



Non è il Tempio il luogo principale dove Cristo predica, agisce, dona ciò che di più prezioso ha, bensì è la strada, la piazza, le case delle persone semplici ma anche quelle sei farisei. È fuori dalla città di Gerusalemme, e non sul sagrato del Tempio, che viene crocifisso.

Cosa significa tutto questo? Che dobbiamo distruggere il Tempio e il Sacro? Qualcuno ha pensato esattamente questo. E la grande crisi che stiamo attraversando è dovuta anche a questa ingenuità. È invece esattamente il contrario di tutto ciò. È proprio il Sacro e il Tempio che ci allenano a riconoscere Dio, perché la categoria del sacro è la categoria della giusta distanza, di ciò che rende un quadro di Rembrandt un capolavoro o una poltiglia di colori. L’abolizione di quella distanza è l’abolizione dell’occasione che noi abbiamo di accorgerci di quella bellezza. Ecco perché l’abolizione del Sacro è la cosa peggiore che noi possiamo fare. E lo scollamento liturgico che viviamo nelle nostre comunità è sintomo di questo grande fraintendimento.

È la bellezza della liturgia che mi può aiutare a riconoscere Cristo anche nel volto dei poveri, o nella bellezza del creato, o nelle ombre di un dolore come nello splendore di una gioia. Ma se la liturgia diventa solo ritualismo consegnato alla mercé di chi celebra, allora essa non è più sacro ma narcisismo.

Fonte: Cfr. Luigi Maria Epicoco, Solo i malati guariscono. L’umano del (non) credente, San Paolo Cinisello Balsamo 2024, pp. 37-39.