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venerdì 29 aprile 2022

DOMENICA III DI PASQUA (C) – 1 Maggio 2022

 



 

At 5,27b-32.40b-41; Sal 29; Ap 5,11-14; Gv 21,1-19

                  

Per cogliere in modo unitario il messaggio delle tre letture odierne, partiamo dal vangelo, dove vediamo che Pietro, riabilitato e confortato dalla presenza e dalle parole del Risorto, riscopre la sua vocazione di “pastore”. Il brano degli Atti (prima lettura) ci racconta come gli apostoli ritornano a predicare con gioia Cristo risorto nonostante gli insuccessi e le ripetute proibizioni del Sinedrio. Finalmente il brano dell’Apocalisse (seconda lettura) ci rassicura che Cristo ha riportato la vittoria sulla morte ed ora riceve la lode di tutte le creature. Niente ci deve quindi scoraggiare dal servizio al vangelo: né le difficoltà della fede né la persecuzione.

 

La predicazione apostolica produce l’immancabile reazione del Sinedrio, al tempo autorità religiosa e anche politica. Imprigionati e miracolosamente liberati, gli apostoli si recano di nuovo nel tempio a testimoniare pubblicamente il loro Signore. Al sommo sacerdote, presidente del tribunale del Sinedrio, che ricorda a Pietro la proibizione di insegnare nel nome di Gesù, l’Apostolo risponde coraggiosamente a nome di tutti: “Bisogna obbedire a Dio invece che agli uomini”. “Obbedire” nella Bibbia è sinonimo di “credere”; perciò, Pietro afferma la forza critica della fede nei confronti dell’autorità umana, politica o religiosa, quando essa si arroga dignità e ruoli che non rispettano la libertà della coscienza. Il conflitto della comunità apostolica con il potere giudaico prolunga quello che ha condotto Gesù alla passione e alla morte in croce. Ma Cristo ha vinto la morte! La testimonianza degli apostoli poggia su questa certezza, a tal punto che essi sono “lieti di essere stati giudicati degni di subire oltraggi per il nome di Gesù”.

 

Testimoniare Cristo risorto è compito della Chiesa nel suo insieme, di tutti i cristiani. Ma per testimoniare Cristo è necessario fare anzitutto esperienza di lui, percepire la sua presenza, e incontrarlo nella nostra vita. Notiamo che gli apostoli incontrano il Signore risorto mentre sono al lavoro ed è qui che vengono richiamati al loro impegno di testimoniare dinanzi agli uomini il vangelo di Gesù. La testimonianza e l’esperienza del Cristo si collocano quindi all’interno della vita quotidiana, familiare e di lavoro. Questa testimonianza non è senza sofferenza e croce. Bisogna abituarsi a portare giorno dopo giorno la croce della testimonianza della propria fede senza perdersi d’animo. Ciò significa che la nostra testimonianza deve essere ferma ma non arrogante, decisa ma non provocatoria, umile ma non masochista, una testimonianza d’amore e non di privilegio, una testimonianza nel nome del Signore Gesù e non nel nome proprio.

 

In modo del tutto particolare, il Signore continua a manifestarsi a noi nell’eucaristia perché, riconoscendolo nei segni sacramentali, possiamo “proclamare davanti a tutti che Gesù è il Signore”.

domenica 24 aprile 2022

LA PRESENZA DI CRISTO NELL’EUCARISTIA

 



 

Manuel Belli, Presenza reale. Filosofia e teologia di fronte all’eucaristia (Nuovi saggi Queriniana 103), Queriniana, Brescia 2022. 287 pp. (€ 18,00).

 

L’affermazione di Gesù “Questo è il mio corpo”, detta di un pezzo di pane azzimo, è in sé folle, paradossale. Per i cristiani ha comprensibilmente rappresentato, lungo la storia, un vero e proprio rovello: come pensare la presenza reale di Cristo nel pane eucaristico? La formulazione teologica della dottrina della transustanziazione (pane e vino cambiano sostanza, diventando corpo e sangue di Cristo) è giunta al termine di un processo – non lineare – ricco di sfumature, sottolineature e sfide enormi per il pensiero. E ancora oggi ci si chiede: che cosa significa dire “presenza”, “realtà” e “corpo”? Per rispondere, occorre frequentare un dibattito filosofico sterminato, che indaga questi tre ambiti.

Il saggio di Belli si pone sul crinale fra teologia e filosofia. In una prima parte propone una ricostruzione del dibattito medievale delle dispute eucaristiche, muovendo alla ricerca della pluralità dei linguaggi in cui esso si è espresso. Successivamente avvia il confronto con il mondo filosofico, in particolare quello di matrice fenomenologica, per comprendere i possibili arricchimenti reciproci fra teologia e filosofia. Si scopre così quanto la teologia eucaristica sfidi la filosofia ad ampliare la nozione stessa di corporeità.

 

(Quarta di copertina)

venerdì 22 aprile 2022

DOMENICA II DI PASQUA (C) o della Divina Misericordia - 24 Aprile 2022

 



 

At 5,12-16; Sal 117; Ap 1,9-11a.12-13.17-19; Gv 20,19-31

    

Il contenuto delle tre letture di questa domenica può essere considerato da diverse prospettive, ma tutte e tre le letture hanno al centro Gesù Cristo risorto e la fede in lui. La prima lettura ci racconta che il numero di coloro che credevano nel Signore aumentava. La seconda lettura è un brano del primo capitolo dell’Apocalisse, dove san Giovanni narra la visione che egli ha avuto di Cristo risorto, il quale al tempo stesso che lo incoraggia a scrivere le cose che ha visto, proclama solennemente: “Io sono il Primo e l’Ultimo, e il Vivente. Ero morto, ma ora vivo per sempre e ho le chiave della morte e degli inferi”. Finalmente, il brano evangelico ci tramanda la toccante storia dell’atto di fede in Cristo risorto dell’apostolo san Tommaso.

 

Il grande pensatore cristiano Dietrich Bonhoeffer, scrivendo dal carcere berlinese nel 1944, pochi giorni prima di essere impiccato, riassumeva così il senso di tutta la sua esistenza: “Io vorrei imparare a credere…” Il cristiano è colui che impara a credere giorno per giorno sino al termine della sua vita. L’odierno racconto evangelico è il ritratto della storia della fede di un uomo che ha dovuto imparare a credere, e che ha avuto bisogno dei suoi tempi. Dinanzi alla testimonianza degli altri apostoli che hanno visto il Risorto, Tommaso afferma che se non mette il dito nel posto dei chiodi e non mette la mano nel costato del Cristo, non crederà. Tommaso ha bisogno di vedere e toccare, ha bisogno dei suoi tempi. Al termine della prova di appello offertagli dal Signore, Tommaso proclama la sua professione di fede, la più sublime dell’intero vangelo: “Mio Signore e mio Dio!”. La Chiesa annuncia al mondo l’evento pasquale: “Abbiamo visto il Signore”, ma con pazienza e umiltà deve attendere che il mistero della libertà umana possa lentamente e gioiosamente giungere all’atto di fede: “Mio Signore e mio Dio!” Cristo risorto non diventerà mai “Signore” della Chiesa, se non diventa prima ancora “Signore” del cuore e della vita di ciascuno di noi.

 

La fede di Tommaso, come quella degli altri primi discepoli, si fonda sull’incontro personale con Gesù risorto. Questi fatti sono documentati nel vangelo che è stato scritto, dice san Giovanni, “perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome”. Infatti, la nostra fede si fonda sulla solida piattaforma della testimonianza storica documentata nei vangeli e si trasmette nella lunga catena dei credenti che formano la Chiesa. Ricordiamo che Gesù chiama beati coloro che crederanno per testimonianza (come noi). Anche se la nostra fede ha travagli simili a quella di Tommaso, siamo certi che anche per noi è possibile alla fine proclamare in totale limpidità la nostra fede nel Risorto. Siamo invitati a farlo ogni volta che ci avviciniamo alla comunione, quando alle parole del ministro “Il corpo di Cristo”, rispondiamo “Amen”.

domenica 17 aprile 2022

Sal 150 Ogni vivente dia lode al Signore

 



1Alleluia.
Lodate Dio nel suo santuario,
lodatelo nel suo maestoso firmamento.
2 Lodatelo per le sue imprese,
lodatelo per la sua immensa grandezza.
3 Lodatelo con il suono del corno,
lodatelo con l'arpa e la cetra.
4 Lodatelo con tamburelli e danze,
lodatelo sulle corde e con i flauti.
5 Lodatelo con cimbali sonori,
lodatelo con cimbali squillanti.
6 Ogni vivente dia lode al Signore.
Alleluia.

La Liturgia delle Ore ci proppone questo salmo nelle Lodi della domenica della seconda e della quarta settimana, con il sottotitolo: A Dio la gloria, nella Chiesa e in Cristo Gesù (Ef 3,21). Ogni domenica è il giorno dell’Alleluia, il giorno consacrato alla lode del Signore.

I Salmi 146-150, con il loro appello a lodare il Signore, fanno da dossologia all’intero Salterio. Il Salmo 150 amplifica questo invito a lodare il Signore e chiude il libro con un gioioso atteggiamento di adorazine. L’Alleluia (“Lodate Dio”) è ripetuto ben dieci volte. Il Salterio si apre con la visione di un mondo diviso in due (le vie del bene e del male), e si chiude con un canto in cui le voci di ogni vivente convergono nella lode. Il luogo in cui si svolge questo canto di lode è il santuario e il maestoso firmamento. Tutti i cieli e la terra devono lodare Dio. Le motivazioni di questa lode le indica il v. 2: le imprese compiute da Dio (la creazione e la redenzione) e la sua immensa grandezza. La grandezza di Dio si può misurare sull’universo creato, ma il suo amore lo si valuta dai prodigi di salvezza che ha compiuto.

Accompagnano questa lode sette strumenti musicali, simbolo della totalità dei suoni, quelli a fiato, a corda e a percussione: il corno, l’arpa, la cetra, i tamburelli, le corde, i flauti ed i cimbali. Una intera orchestra è coinvolta in questo crescendo di lode. Il suono di questi strumenti va insieme con le danze, che coinvolgono tutto il corpo nella lode gioiosa ed esultante. Dio deve essere esaltato per il semplice fatto di essere il Signore. La vera adorazione a Dio si svolge nell’intimo del cuore, dove egli risiede con la sua grazia, e si esprime esternamente con l’esaltazione entusiastica della sua gloria.


Preghiera.  O Padre, che nella risurrezione di Gesù hai rivelato la grandezza del tuo amore, accogli il ringraziamento che ti eleviamo in unione con tutto il creato, e fa’ che la nostra vita sia un’incessante liturgia di lode.


Bibliografia: Spirito Rinaudo, I salmi preghiera di Cristo e della Chiesa, Elle Di Ci, Torino-Leumann 1973; David M. Turoldo – Gianfranco Ravasi, “Lungo i fiumi… I Salmi. Traduzione poetica e commento, Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo 1987; Angel Aparicio – José Cristo Rey García, I Salmi preghiera della comunità. Per celebrare la Liturgia delle Ore, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1995; Vincenzo Scippa, Salmi, volume 1. Introduzione e commento, Messaggero, Padova 2002; Ludwig Monti, I salmi: preghiera e vita, Qiqajon, Comunità di Bose 2018; Temper Longman III, I salmi. Introduzione e commento, Edizioni GBU, Chieti 2018; Vincenzo Bonato, I Salmi. Pregherò con lo spirito, ma pregherò anche con l’intelligenza, Edizioni San Lorenzo, Reggio Emilia 2021.

 

 

venerdì 15 aprile 2022

DOMENICA DI PASQUA: RISURREZIONE DEL SIGNORE - MESSA DEL GIORNO 17 Aprile 2022

 



 

 

At 10,34a.37-43; Sal 117; Col 3,1-4 (oppure: 1Cor 5,6b-8); Gv 20,1-9

 

Il salmo responsoriale è tratto dal Sal 117, inno di gioia e di vittoria che era recitato nella cena pasquale giudaica. Esso ricordava agli ebrei i giorni in cui Dio era intervenuto per liberarli dalla schiavitù dell’Egitto e da tutti i loro nemici; ricordava i giorni gloriosi nei quali la destra del Signore aveva operato con potenza; la Pasqua era la grande festa del popolo ebraico, il giorno che il Signore aveva fatto per il suo popolo. La nostra Pasqua è Cristo (cf. seconda lettura alternativa); nel mistero della sua risurrezione dai morti si compiono tutte le speranze di salvezza dell’umanità: è questo il giorno di Cristo Signore; è questo il giorno dell’uomo rinato a vita nuova per mezzo di Cristo. Il Sal 117 è proclamato in ogni eucaristia della settimana pasquale e nella liturgia delle ore di tutte le domeniche.

 

La risurrezione di Cristo rappresenta il centro del mistero cristiano, e la base e la sostanza della nostra fede. “Se Cristo non è risuscitato, allora è vana la nostra predicazione ed è vana anche la vostra fede” (1Cor 15,14). Con queste parole l’apostolo Paolo esprime il cuore di tutto il messaggio cristiano. Il vangelo parla di Pietro e Giovanni che vanno a visitare il sepolcro di Gesù e lo trovano vuoto. Il sepolcro vuoto è il primo segno della risurrezione. Da quella tomba vuota inizia il cristianesimo. Nella prima lettura, ascoltiamo san Pietro che annuncia con decisione al popolo il mistero della risurrezione del Signore di cui egli e gli altri apostoli sono testimoni. Nella seconda lettura, san Paolo trae da questo evento le conseguenze per una vita cristiana rinnovata.

 

Illustriamo brevemente il contenuto della seconda lettura (Col 3,1-4), perché in essa il mistero che celebriamo viene visto in stretto rapporto con la vita cristiana. San Paolo nella Lettera ai Colossesi sviluppa il tema della centralità di Cristo nella vita del cristiano: la vita del cristiano è una vita in Cristo. In questo contesto acquista senso il breve brano odierno. Se il cristiano è risorto in Cristo, non può che condurre una vita da risorto, interessandosi cioè delle “cose di lassù” (v.2). Le “cose di lassù” di cui parla san Paolo è Cristo stesso “seduto alla destra di Dio” (v.1), cioè il Risorto costituito in potere rappresenta “le cose di lassù”: non un mondo evanescente, astratto, fantastico ma illusorio, un mondo quindi fuori della storia, ma una persona storica, la cui vicenda di morte e risurrezione diventa norma di comportamento, profezia, tipo di ogni vita impegnata per i valori del regno di Dio. L’Apostolo pone quindi alla base dell’etica cristiana non una filosofia, ma un concreto evento di salvezza con cui confrontarsi, anzi, una persona: la persona di Cristo. Cercare le “cose di lassù” significa spogliarsi dell’uomo vecchio con le sue azioni e rivestirsi dell’uomo nuovo. Sentimenti, ovvero “valori” pasquali che presiedono a questa novità di vita, sono: misericordia, bontà, umiltà, mansuetudine, pazienza, perdono, soprattutto carità, pace e fedeltà alla Parola di Cristo (cf. Col 3,5-17). Ecco qui un programma di vita cristiana pasquale.

 

L’eucaristia si conosce, si celebra e si vive alla luce della fede nella morte e risurrezione del Signore. Compiendo il rito della Pasqua i figli d’Israele sono stati partecipi, di generazione in generazione, della stessa liberazione e salvezza sperimentata dai loro padri nella notte in cui il Signore li fece uscire dal paese d’Egitto. Celebrando l’eucaristia, i cristiani, di generazione in generazione, siamo partecipi del “corpo donato” e del “sangue versato” di Cristo, quale evento decisivo della liberazione di tutta l’umanità dalla forza del peccato e dal potere della morte.

 

domenica 10 aprile 2022

L'EUCARISTIA. DALL'ULTIMA CENA ALLA LITURGIA CRISTIANA ANTICA


 


Armand Puig, El sacramento de la Eucaristía. De la Última Cena a la liturgia cristiana antigua (Biblioteca de Estudios bíblicos 165), Sígueme, Salamanca 2021. 301 pp. (€ 20,00).

 

L’Autore, noto biblista, intende presentare i contesti previ, le origini e lo sviluppo del sacramento dell’eucaristia. In una prima parte, si illustrano due impostazioni sulle agapi rituali e il loro eventuale rapporto con il culto sacrificale: la concezione propria del mondo giudaico e la concezione grecoromana o ellenistica. Nella seconda parte, l’attenzione si concentra sulle origini del sacramento dell’eucaristia: quale senso ha inteso dare Gesù all’ultima cena celebrata con i discepoli nel contesto di una vita che si stava concludendo e di una morte che emergeva in forma ogni volta più imminente. Nella terza parte, il discorso verte sull’eucaristia durante il cristianesimo degli inizi, così come si riflette nei libri del Nuovo Testamento, negli scritti del secolo I, e nei documenti scritti nei secoli II e III, in modo particolare nella Didachè, primo testimone di un rituale celebrativo dell’eucaristia posteriore ai testi del Nuovo Testamento.

venerdì 8 aprile 2022

DOMENICA DELLE PALME E DELLA PASSIONE DEL SIGNORE (C) 10 Aprile 2022

 



 

Is 50,4-7; Sal 21; Fil 2,6-11; Lc 22,14-23,56

 

Gesù agonizzante attribuisce a sé il Sal 21, preghiera di lamentazione, riprendendone le prime battute: “Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato?” (cf. Mc 15,34), parole che noi ripetiamo oggi come ritornello del salmo responsoriale. Il salmo in questione è un testo di grande desolazione, segnato da immagini forti. L’orante, immerso nella sofferenza e vicino alla morte, sente il silenzio di Dio e l’ostilità degli uomini. Ma all’improvviso, la supplica diventa fiduciosa attesa dell’aiuto di Dio e poi ringraziamento festoso al Signore, re dell’universo. All’inizio della settimana di passione, questo salmo ci introduce adeguatamente nella celebrazione del mistero pasquale di Gesù, che va dalla morte alla vita, dalle ombre del sepolcro alla luce della risurrezione. Su questa linea, la colletta della messa ci invita ad avere sempre presente il grande insegnamento della passione di Cristo, per poter partecipare alla gloria della sua risurrezione.

 

Nella celebrazione odierna sono evocati i due momenti del mistero pasquale: la commemorazione del trionfale ingresso di Gesù in Gerusalemme, con cui egli afferma la sua dignità messianica, e la sua morte in croce, che indica il modo con cui essa si esprime. La passione e morte sono narrate con dovizia di dettagli nella lettura evangelica della passione secondo Luca, a cui si affiancano le altre due letture, che creano il clima adatto per l’ascolto della passione: la lettura profetica presenta la figura misteriosa del Servo sofferente, che assume su di sé le colpe di tutti e le riscatta; quella apostolica è un inno cristologico in cui si afferma che il Figlio di Dio proprio perché ha accettato i limiti e la povertà della condizione umana, Dio “l’ha esaltato”.

 

Il racconto della passione è così denso che non avrebbe bisogno di commenti. Tuttavia, notiamo alcune caratteristiche della redazione di Luca, un racconto pieno di tenerezza, impostato secondo un’ottica personale ed esortativa: spuntano nel succedersi degli eventi le continue reazioni tra il discepolo che assiste e il Cristo sofferente. Seguendo Gesù nella passione, il discepolo – ciascuno di noi – è invitato ad una adesione personale ed esistenziale. Come Simone di Cirene e le pie donne, che seguono Gesù anche in questi momenti decisivi e drammatici, pure noi siamo invitati a seguirlo e a portare la croce dietro a lui. Nel racconto del momento supremo della crocifissione e morte di Gesù, san Luca ricorda tre espressioni del Salvatore che non trovano riscontro negli altri evangelisti. Anzitutto le parole di perdono per i crocifissori: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno”. Il Salvatore con la sua preghiera di perdono per i suoi carnefici si fa norma ed esempio vivente di quanto aveva insegnato ai discepoli. Poi al buon ladrone Gesù morente rivolge queste parole: “In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso”. Anche queste sono parole di perdono e di bontà; parole, poi, che aprono il cuore di tutti noi alla speranza e invitano a guardare in avanti verso la luce della Pasqua di risurrezione. Finalmente nel racconto lucano, Gesù muore con la preghiera sulle labbra: “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito”, parole prese dal Sal 31,6 che faceva parte della preghiera serale degli ebrei. Con queste parole Gesù morente non manifesta soltanto il suo abbandono fiducioso, ma anche la sua piena accettazione del piano di salvezza voluto dal Padre; in tal modo Gesù muore come il perfetto giusto che si rimette nelle mani del Padre.   

 

“Con la sua morte lavò le nostre colpe e con la sua risurrezione ci acquistò la salvezza” (prefazio). Questo mistero si ripresenta sacramentalmente nel sacrificio eucaristico.

 

domenica 3 aprile 2022

LITURGIA E SPIRITUALITÀ

 



 

Marco Gallo, La danza del re Davide. Liturgia e spiritualità (Percorsi nella liturgia), Messaggero, Padova 2021. 113 pp. (€ 10,00).

 

In questo piccolo volume, l’Autore intende occuparsi di liturgia e spiritualità. Non ama invece parlare di spiritualità liturgica, dato che ogni genuina spiritualità cristiana è necessariamente anche liturgica, biblica, fraterna ed ecclesiale.  

 

Ogni esperienza spirituale ha un rapporto essenziale con il rito liturgico. Seguendo l’esempio del re Davide, che danza senza falsi pudori davanti all’arca (2Sam 6,13-14), ogni gesto spirituale liturgico chiede di compiersi come atto di libertà e di verità. Tutti abbiamo, invece, esperienza di azioni liturgiche nostre e altrui compiute senza autentica simbolicità, con distacco o, peggio, con manomissione.

 

Nella storia troviamo una liturgia senza spiritualità, in cui non funziona la mediazione dialettica tra il mistero celebrato e la vita di chi vi accede, e una spiritualità senza liturgia, quella ricerca spirituale in cui il ruolo delle mediazioni rituali non è significativo.

 

La liturgia ha un carattere oggettivo che permette allo spirito religioso di non risolversi in una manifestazione della soggettività. L’oggettivo del rito non è il divino immediato che si offre sempre immediato a se stesso, ma è il corpo che celebra. Il corpo è il luogo dove avviene l’incontro, senza necessità di postulare un ambito invisibile, interiore, in cui tutto ciò che è autentico si compirebbe.

 

La celebrazione liturgica non è un’esperienza intellettuale: essa avviene (o non avviene) nei sensi, nel riconoscimento parziale e simbolico di un compimento che è anticipato nel vissuto emotivo di chi se ne sente parte.

 

L’Autore fa riferimento alla diffusione della lectio divina fatta quotidianamente sui testi previsti dal Lezionario e si lamenta, con il docente di omiletica americano David Helm, del fatto che contino più le intuizioni personali, umorali ed emotive, piuttosto che un confronto ragionato e oggettivo con il testo stesso: lo spirito individuale rischia di parlare più dello Spirito Santo.

 

Ho sintetizzato i grandi principi che guidano la ricerca dell’Autore e che egli applica poi alla Liturgia delle Ore, all’Eucaristia, all’Anno liturgico.

 

 

venerdì 1 aprile 2022

DOMENICA V DI QUARESIMA (C) – 3 Aprile 2022





 

 

Is 43,16-21; Sal 125; Fil 3,8-14; Gv 8,1-11

 

La prima parte del salmo responsoriale riflette l’esultanza degli Israeliti per il loro ritorno in patria dalla schiavitù babilonese. Nella supplica della seconda parte invece il salmista si rivolge a Dio perché porti a compimento il suo progetto e non abbandoni il popolo nella faticosa opera di restaurazione. È un salmo di speranza, che emerge e si rivela proprio quando a livello umano non appare un minimo di spazio su cui appoggiarla. Dio è grande e fedele, ma ogni gioia passa attraverso la faticosa purificazione del cuore. Come il Signore ha un tempo liberato il suo popolo dalla schiavitù, così egli offre oggi a noi la libertà dalla schiavitù di noi stessi, dei nostri peccati.

 

Filo conduttore dei vari testi odierni potrebbe essere il tema dell’“esodo”. Una delle costanti nelle pagine dell’Antico Testamento, che si espande nel messaggio cristiano del Nuovo Testamento, è quella della liberazione dalla schiavitù personale, interiore, sociale e politica. Il profeta Isaia (prima lettura) evoca l’evento dell’esodo, il cui ricordo è visto dal profeta come incentivo che apre il cuore d’Israele al futuro in cui Dio si ripromette di intervenire con nuovi prodigi in favore del suo popolo. L’apertura verso un futuro di speranza e di liberazione piena rilancia questo messaggio e lo orienta verso Cristo, supremo perfezionatore della liberazione qui annunciata. San Paolo (seconda lettura) dice di voler dimenticare il passato e di essere proteso verso il futuro; si tratta quindi anche qui di un esodo, sia pure a livello personale. Egli ricorda il suo passato per riaffermare la scelta che ha fatto di Cristo, “per il quale – afferma – ho lasciato perdere tutte le cose e le considero come spazzatura, al fine di guadagnare Cristo…” 

 

Nel vangelo vediamo Gesù circondato da un gruppo di scribi e farisei che gli conducono una donna accusata di adulterio. Gli Scribi ed i farisei si rivolgono a Gesù accusando la donna, parlano della donna ma non alla donna. Gesù invece risponde a loro, poi si rivolge direttamente all’adultera: prima parla con lei degli altri (“Nessuno ti ha condannata?”); infine le rivolge la parola decisiva di perdono (“Neanch’io ti condanno, va’ e d’ora in poi non peccare più”). Da una parte, gli scribi e i farisei, negatori di ogni perdono. Dall’altra parte, Gesù che pur non eludendo il problema del peccato della donna, contesta non la validità della denuncia degli accusatori, ma la loro presunta giustizia, il loro erigersi a giudici e difensori del diritto divino: “Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei”. Gesù invita i suoi avversari a guardarsi dentro, a vagliare il proprio cuore, sentimenti e desideri; solo così parole e azioni potranno essere autentiche.

 

Non mancano oggi storie scandalistiche. Ce n’è tutta una gamma che va dal piccolo pettegolezzo fino agli affari e vicende delle persone in vista, cose che forniscono un inesauribile materiale ai vari rotocalchi. Anche qui queste vicende vengono presentate talvolta in un atteggiamento accusatore di indignazione morale, con il quale si intende giustificare a sé stessi e agli altri il fatto che ci si occupa di simili argomenti. Il vangelo ci invita a volare più in alto, guardando le cose dei nostri simili con occhi di misericordia. Là dove c’è una persona piegata in due sotto il peso delle colpe, là ci deve essere il dono della liberazione e della vita nuova. Ricordiamo finalmente che il futuro della salvezza, pur rimanendo sempre un dono gratuito dell’amore di Dio, è però legato anche al nostro impegno concreto. Dopo il dono del perdono, Gesù aggiunge: “Va’ e d’ora in poi non peccare più”, parole che rivelano il senso dell’intero racconto che, possiamo dire, viene interpretato come un esodo morale di conversione.