Non c’è forse una gioia che
non sia, o che possa non essere, anche esperienza religiosa, e di questa vorrei
ora dire qualcosa che possa rimanere nel cuore, e nella memoria di chi voglia
leggere queste mie considerazioni, nutrite di psichiatria, ma anche dei
pensieri di sant’Agostino e di santa Teresa d’Avila, di Blaise Pascal e di
santa Teresa di Lisieux, di madre Teresa di Calcutta e di Dietrich Bonhoeffer,
il grande teologo protestante che fu recluso in un carcere berlinese e poi condotto alla morte, a trentanove anni, nel
campo di concentramento di Fossenbürg. Ho già richiamato le sue parole vibranti
perché le cose che egli ha scritto sulla gioia sono di una straordinaria
bellezza, e sono animate da una fede e da una speranza luminose e
incancellabili.
Ascoltiamole ancora, quando la
tristezza e l’angoscia scendono in noi: “Come possiamo aiutare chi non ha la
gioia e si è perso di coraggio, se noi stessi non abbiamo gioia né coraggio?” E
ancora: “In Dio abita la gioia e da lui essa discende prendendo spirito, anima
e corpo, e dove questa gioia ha afferrato l’uomo lì essa si propaga e diviene
trascinante, lì spalanca porte chiuse”; e un suo ultimo pensiero: “C’è una
gioia che non sa niente del dolore, della miseria e dell’angoscia del cuore;
essa non ha consistenza, e vale soltanto per dei momenti. La gioia di Dio è
passata per la povertà della mangiatoia e la miseria della croce; per questo è
insuperabile, inconfutabile”. Alla gioia, mirabilmente descritta da Bonhoeffer,
dovremmo sempre guardare come a una stella cometa che non si spenga mai.
La gioia sconfina nella
preghiera, e ci fa uscire dai limiti aridi del nostro egoismo, aprendoci agli
sconfinati orizzonti della relazione con Dio, e con gli altri, nel contesto di
una gioia che non morirà. Madre Teresa di Calcutta diceva alle sue consorelle
che ogni missionaria della carità avrebbe dovuto essere testimone di una gioia
da far risplendere negli occhi, negli sguardi, nel volto e nelle azioni. Così,
tutti, e in particolare i poveri e i sofferenti, avrebbero riconosciuto la
presenza della gioia in lei, e nelle sue consorelle. Le parole di madre Teresa:
“La gioia è preghiera, è il segno della nostra generosità, del nostro
altruismo, dell’unione intima e continua con Dio”. Non dovremmo mai dimenticarlo.
Fonte: Eugenio Borgna. Con un
ricordo di Vittorio Lingiardi (Vele 23), Giulio Einaudi editore, Torino 2025,
pp. 34-36.
