Ml 3,1-4: Sal 23 (24); Eb 2,14-18; Lc 2,22-40
La festa della Presentazione del Signore
idealmente si colloca alla fine del ciclo natalizio e prelude a quello
pasquale. Infatti, nella presentazione al tempio Cristo è offerto e si offre
come vittima sacrificale al Padre, offerta che si consumerà sulla croce. Come
ricorda la seconda lettura (Eb 2,14-18), Cristo è veramente sacerdote
nell’offrire se stesso per i peccati del popolo. In questo mistero, Maria ha un
ruolo importante: la Madre offre il Figlio e insieme è offerta al Padre dal
Figlio. Secondo la legge di Mosè ogni primogenito ebreo è chiamato “santo”,
cioè proprietà del Signore e a lui consacrato quale geloso possesso.
Eventualmente può essere riscattato con un’offerta sacrificale (cf. Es
13,2.12.15; Lv 12,2-6.8; 5,11). Gesù è offerto a Dio, come primogenito, e
riscattato con l’offerta dei poveri. La lettura evangelica, oltre a
sottolineare l’osservanza della legge da parte di Giuseppe e Maria, indica la
città santa di Gerusalemme come punto di partenza della salvezza portata da
Gesù. I due vecchi, Simeone e Anna, che incontrano Gesù, rappresentano il
popolo di Dio in attesa della salvezza promessa. Come si dice all’inizio della
benedizione delle candele, Gesù “veniva incontro al suo popolo, che l’attendeva
nella fede”. Perciò in Oriente, ma anche in Occidente, la festa è stata
chiamata Hypapanté (= incontro).
Nel salmo responsoriale, in un crescendo di
grande potenza sonora, le porte del tempio sono invitate a spalancarsi,
sollevando i loro frontoni e i loro archi per accogliere il Re della Gloria che
entra nel suo tempio. Il tempio è anche evocato nel brano del profeta Malachia,
proposto come prima lettura: il profeta annuncia l’arrivo di un messaggero di
Dio che entra nel tempio e attraverso un giudizio purificatorio, prepara un
sacerdozio puro destinato a offrire a Dio l’oblazione pura e santa di Giuda e di
Gerusalemme. La liturgia odierna vede in questo messaggero di Dio che entra nel
tempio per purificarlo, la presentazione di Gesù al tempio di Gerusalemme e la
purificazione di sua madre Maria in ossequio alla legge mosaica.
Ma Maria va al tempio soprattutto per
associarsi all’offerta del Figlio. Maria e Giuseppe, presentando il Bambino,
riconoscono che Gesù è “proprietà” di Dio ed entra nel piano dell’attuazione
del disegno divino perché “è salvezza e luce per tutti i popoli”. Nel mistero
della Presentazione Gesù comincia la sua missione nei riguardi del tempio e
dell’intero popolo. Al pari dei profeti, Gesù professa per il tempio un
profondo rispetto; vi si reca per le solennità come ad un luogo d’incontro con
il Padre suo; ne approva le pratiche cultuali, pur condannandone lo sterile
formalismo; con un gesto profetico, scaccia i mercanti dal tempio e afferma che
esso è casa di preghiera. E tuttavia annuncia la rovina dello splendido
edificio, di cui non rimarrà pietra su pietra. Gesù stabilisce un culto verso
il Padre “in spirito e verità” (Gv 4,23), un culto non più legato al tempio o a
qualsiasi altra località geografica o sacra. Si tratta del culto che Cristo
compie nell’offerta della sua vita, adempimento efficace e definitivo di tutti
i molteplici sacrifici e riti anticotestamentari.