La rivista Testimoni ha
pubblicato, nel fascicolo dello scorso mese di aprile, una pagina sulle
“Congregazioni americane e la liturgia delle Ore” firmata da Sr. Elsa
Antoniazzi, membro della Redazione della rivista. L’autrice ci informa su una
iniziativa sorta negli USA, dove “molte Congregazioni stanno cercando di
redigere un testo per la liturgia delle Ore che sia proprio, così che i testi
della Scrittura e le orazioni diano corpo a una preghiera che sia più consona
ai diversi specifici carismi”. Non
conosco l’entità e le caratteristiche di questa iniziativa, ma la possiamo
collocare nel contesto della giusta ricerca di una liturgia delle Ore in cui il
“vissuto possa intrecciarsi con essa”. L’iniziativa va oltre quanto è regolato
dall’Istruzione della Congregazione per il culto divino sui Calendari
particolari (AAS 62, 1970, 651-663).
La rivista colloca questa
pagina sotto il titolo “Monachesimo”. Credo però che la problematica non
riguarda i grandi Ordini monastici, alcuni dei quali hanno una propria e
collaudata tradizione in questo settore, ma piuttosto molte Congregazioni
femminili e anche maschili che pregano regolarmente in comune parte della
liturgia delle Ore, in particolare le Lodi mattutine ed i Vespri. Queste
comunità desiderano giustamente esprimere attraverso la preghiera della Chiesa
la propria sensibilità spirituale. Si tratta sempre della “preghiera della
Chiesa, che loda il Signore incessantemente e intercede per la salvezza del
mondo” (Sacroanctum Concilium 83). Ma progettare “un testo della
liturgia delle Ore che sia proprio” può favorire una preghiera
autoreferenziale e affievolire quindi la sua dimensione ecclesiale.
Si deve applicare alla liturgia
delle Ore l’affermazione del Vaticano II contenuta in SC 10, riguardante la
liturgia come culmen et fons della vita
della Chiesa. Possiamo affermare che la preghiera liturgica è culmine, norma,
criterio, punto di riferimento, sorgente, sacramento di ogni preghiera
cristiana, non in senso meramente giuridico – istituzionale ma oggettivo –
contenutistico. Oggettivamente, dato il suo carattere normativo, il contenuto
della preghiera liturgica si accorda perfettamente con l’ideale della preghiera
cristiana. Quando la Chiesa afferma che una preghiera è liturgica, garantisce
che quel testo particolare manifesta la sua fede e la sua coscienza di comunità
orante. Naturalmente questo non esclude che altri testi, anche le preghiere
spontanee di persone umili e senza particolare cultura teologica, siano
preghiera veramente ecclesiale. L’atto giuridico di riconoscimento ufficiale
compiuto dalla gerarchia della Chiesa è da considerarsi quindi conseguente alla
realtà oggettiva preesistente di cui esso ne è la garanzia. Nella preghiera
liturgica le diverse espressioni della preghiera cristiana trovano non solo il
loro nutrimento naturale, ma anche la possibilità di riconoscersi come
appartenenti a una “tradizione” e di confrontarsi con la norma oggettiva.
Nell’attuale ordinamento della
liturgia delle Ore ci sono delle possibilità che possono soddisfare, almeno in
parte, le giuste richieste delle consacrate e dei consacrati di esprimere il
proprio carisma. Ne indico alcune. Gli inni e gli altri canti non biblici di
solito caratterizzano l’aspetto particolare delle diverse Ore. Le Conferenze
Episcopali hanno la facoltà di introdurre inni di nuova composizione purché si
adattino al carattere dell’Ora, o del tempo o della celebrazione. In questo
contesto, gli istituti di vita consacrata possono proporre inni adatti alla
propria tradizione spirituale. Le letture brevi delle diverse Ore sono state
scelte in modo di esprimere brevemente ma chiaramente una sentenza o una
esortazione. Nulla vieta di aggiungere un breve commento adatto all’assemblea
celebrante. Alle invocazioni e alle intercessioni delle Lodi e dei Vespri
possono essere aggiunte alcune intenzioni particolari che, pur rispettandone la
struttura, esprimano le esigenze del proprio carisma. Un altro elemento che si
è introdotto nelle celebrazioni delle Ore è la cosiddetta colletta salmica,
recitata dopo ogni salmo, che pur non essendo prevista nell’attuale ordinamento
liturgico, è un’antica tradizione che non intacca la struttura della liturgia
delle Ore. Come è noto, la Congregazione per il culto divino ha da tempo allo
studio la pubblicazione di una serie di preghiere salmiche da adoperarsi nella
liturgia delle Ore. I consacrati possono esprimere in queste preghiere il
proprio modo di interpretare i salmi alla luce della loro specifica tradizione
spirituale.
Al di fuori di quanto detto,
ogni iniziativa individuale o di gruppo che si allontana dalla liturgia
proposta dalla Chiesa, rischia di essere un abuso. La liturgia delle Ore è
codificata e disciplinata nei libri liturgici, sottratta alla moda mutabile. In
ogni modo, essa non si esprime con un linguaggio asettico né anonimo. È come
uno spartito musicale, preciso e perfetto in sé, però da “interpretare” ogni
volta che è impiegato nella celebrazione. Papa Francesco ha detto: “La liturgia non è ‘il campo del fai-da-te’ ma
l’epifania della comunione ecclesiale. Perciò, nelle preghiere e nei gesti
risuona il ‘noi’ e non l’ ‘io’; la comunità reale, non il soggetto ideale” (Discorso
alla Plenaria della CCDDS, 14.02.2019). La celebrazione liturgica ci
sradica dal nostro individualismo e ci educa a stare insieme, a condividere, a
pregare insieme. L’individualismo soffoca il senso della comunità.
La liturgia delle Ore ha una
sua dimensione formativa che, come dice Elsa Antoniazzi, “forgia mente e cuore
mentre è quotidianamente celebrata”. E, come afferma la Costituzione SC 84,
quando è pregata “secondo le forme approvate, allora è veramente la voce della
Sposa che parla allo Sposo, anzi è la preghiera che Cristo unito al suo corpo
eleva al Padre”.