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domenica 7 ottobre 2018

LA LITURGIA SINTESI DI “OPPOSIZIONI POLARI”




A partire dagli anni ’90, la ricerca di una liturgia più spirituale e meglio rispettosa del primato di Dio ha assunto la forma di un vero e proprio movimento controcorrente di “riforma della riforma”, che non ha temuto di individuare nel recupero della tradizione rituale tridentina una via praticabile per riportare la liturgia rinnovata del Concilio alla sua sorgente divina, ritrovando alcuni valori fondamentali come quelli dell’orientazione, dell’adorazione, del senso del sacro. I pericoli di questa posizione sono gli opposti a quelli della fase precedente: se prima il pericolo era quello di non onorare la dimensione divina della liturgia (una liturgia troppo umana, che non alza il sipario sul Mistero di Dio), ora il pericolo è quello di non rispettarne l’umanità profonda. Là dove, per rivolgersi a Dio, la liturgia volge le spalle al mondo, il rischio è quello di un Mistero divenuto estraneo alla vita; di una liturgia a tal punto concentrata sul primato dell’azione di Dio da dimenticare che il Mistero di Dio è rivelazione di una azione divina che si compie “per l’uomo”; un mistero pasquale di amore, perdono, vita donata per gli uomini e le donne che vivono in un dato tempo e in una determinata cultura. Si comprende perciò la delicatezza del linguaggio liturgico, chiamato a rivolgere lo sguardo a Dio senza volgere le spalle al mondo.

Ed eccoci, finalmente, a papa Francesco, in una ideale quarta tappa di una riforma liturgica tutt’ora impegnata in un cammino di affinamento e approfondimento. Pur non entrando di petto nella questione liturgica, egli suggerisce in Evangelii gaudium (EG) la strada di una liturgia non “mondana”, vale a dire non ripiegata su di sé, in una vera cura ostentata dell’apparenza (EG 95); di una liturgia “materna”, attenta alla cultura del popolo (EG 139-140); di una liturgia “fraterna”, disponibile all’abbraccio di una fraternità mistica (EG 92).

È evidente a tutti l’ingenuità di qualsiasi opposizione tra la liturgia i papa Francesco e la liturgia di Benedetto XVI, quasi si trattasse di due modelli differenti di liturgia: da una parte una liturgia dell’adattamento alle culture dei popoli, dall’altra una liturgia dell’orientamento all’unico protagonista; da una parte una liturgia della partecipazione attiva del popolo di Dio, dall’altra una liturgia dell’adorazione interiore dell’anima individuale; da una parte una liturgia umana, evangelica, vicina alla vita; dall’altra una liturgia divina, “sacra”, non mondana; sul fronte di EG, una liturgia delle assemblee locali, disponibile alle traduzioni necessarie; sul fronte di Liturgiam Authenticam, una liturgia della Chiesa universale, vigilante su ogni pericolo di possibile “tradimento” da parte della traduzione.

Tale contrapposizione non renderebbe giustizia alla natura della liturgia, che è sintesi di “opposizioni polari”, per riprendere il linguaggio di Romano Guardini. La sfida che attende la presente stagione della riforma liturgica è quella di comporre tali polarità nell’unità simbolica dell’azione liturgica. 





Fonte: Paolo Tomatis, Celebrare: il linguaggio per comunicare il mistero, in Una liturgia viva per una Chiesa viva. I 70 anni del CAL (Bibliotheca “Ephemerides Liturgicae” – Sectio pastoralis 38), CLV Edizioni Liturgiche, Roma 2018, p. 74-75.