At 10,34a.37-43; Sal 117 (118);
Col 3,1-4 (oppure: 1Cor 5,6b-8); Gv 20,1-9
Il salmo responsoriale è
tratto dal Sal 117 (118), inno di gioia e di vittoria che era recitato nella
cena pasquale giudaica. Esso ricordava agli ebrei i giorni in cui Dio era
intervenuto per liberarli dalla schiavitù dell’Egitto e da tutti i loro nemici;
ricordava i giorni gloriosi nei quali la destra del Signore aveva operato con
potenza; la Pasqua era la grande festa del popolo ebraico, il giorno che il
Signore aveva fatto per il suo popolo. La nostra Pasqua è Cristo (cf. seconda
lettura alternativa); nel mistero della sua risurrezione dai morti si compiono
tutte le speranze di salvezza dell’umanità: è questo il giorno di Cristo
Signore; è questo il giorno dell’uomo rinato a vita nuova per mezzo di Cristo.
Il Sal 117 (118) è proclamato in ogni eucaristia della settimana pasquale e
nella liturgia delle ore di tutte le domeniche.
La risurrezione di Cristo
rappresenta il centro del mistero cristiano, e la base e la sostanza della
nostra fede. “Se Cristo non è risuscitato, allora è vana la nostra predicazione
ed è vana anche la vostra fede” (1Cor 15,14). Con queste parole l’apostolo
Paolo esprime il cuore di tutto il messaggio cristiano. Il vangelo parla di
Pietro e Giovanni che vanno a visitare il sepolcro di Gesù e lo trovano vuoto.
Il sepolcro vuoto è il primo segno della risurrezione. Da quella tomba vuota
inizia il cristianesimo. Nella prima lettura, ascoltiamo san Pietro che
annuncia con decisione al popolo il mistero della risurrezione del Signore di
cui egli e gli altri apostoli sono testimoni. Nella seconda lettura, san Paolo
trae da questo evento le conseguenze per una vita cristiana rinnovata.
Ci soffermiamo brevemente sul
contenuto della seconda lettura (Col 3,1-4), perché in essa il mistero che
celebriamo viene visto in stretto rapporto con la vita cristiana. San Paolo
nella Lettera ai Colossesi sviluppa il tema della centralità di Cristo nella
vita del cristiano: la vita del cristiano è una vita in Cristo. In questo
contesto acquista senso il breve brano odierno. Se il cristiano è risorto in
Cristo, non può che condurre una vita da risorto, interessandosi cioè delle
“cose di lassù” (v.2). Le “cose di lassù” di cui parla san Paolo è Cristo stesso
“seduto alla destra di Dio” (v.1), cioè il Risorto costituito in potere
rappresenta “le cose di lassù”: non un mondo evanescente, astratto, fantastico
ma illusorio, un mondo quindi fuori della storia, ma una persona storica, la
cui vicenda di morte e risurrezione diventa norma di comportamento, profezia,
tipo di ogni vita impegnata per i valori del regno di Dio. L’Apostolo pone
quindi alla base dell’etica cristiana non una filosofia, ma un concreto evento
di salvezza con cui confrontarsi, anzi, una persona: la persona di Cristo.
Cercare le “cose di lassù” significa spogliarsi dell’uomo vecchio con le sue
azioni e rivestirsi dell’uomo nuovo. Sentimenti, ovvero “valori” pasquali che
presiedono a questa novità di vita, sono: misericordia, bontà, umiltà, mansuetudine,
pazienza, perdono, soprattutto carità, pace e fedeltà alla Parola di Cristo
(cf. Col 3,5-17). Ecco qui un programma di vita cristiana pasquale.
L’eucaristia si conosce, si
celebra e si vive alla luce della fede nella morte e risurrezione del Signore.
Compiendo il rito della Pasqua i figli d’Israele sono stati partecipi, di
generazione in generazione, della stessa liberazione e salvezza sperimentata
dai loro padri nella notte in cui il Signore li fece uscire dal paese d’Egitto.
Celebrando l’eucaristia, i cristiani, di generazione in generazione, siamo
partecipi del “corpo donato” e del “sangue versato” di Cristo, quale evento
decisivo della liberazione di tutta l’umanità dalla forza del peccato e dal
potere della morte.