Il 30 aprile del 1988 la
Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti approvò il
nuovo Ordinario della Messa adattato all’indole e caratteristiche del popolo
congolese. La scorsa Domenica di Pasqua ho partecipato alla Messa nella chiesa
della Natività di Gesù (“Deo Infanti sacrum”
è scritto nell’architrave della chiesa), in cui la comunità congolese di Roma
si raduna per le celebrazioni liturgiche.
Musiche, colori, grande
partecipazione con movimenti ritmici, danze e gesti vari. Tutto l’essere rende
culto, e non solo lo spirito: espressioni corporali, orali, musicali,
plastiche, decorative. La celebrazione è iniziata con la processione del
presbitero celebrante con i diversi ministranti presieduta dalla Croce. Il coro
ha cantato più volte e con entusiasmo l’Alleluia con una musica travolgente.
La celebrazione è pervasa da
un senso di comunione molto forte, tipico della vita dell’africano: comunione
degli uomini con Dio e tra loro, tra i vivi e i defunti, tra gli uomini e il
cosmo. Mi ha colpito, in modo particolare, la danza intorno all’altare durante
il Gloria. Il presbitero celebrante (con l’incensiere in mano) e i diversi
ministranti girano più volte intorno all'altare a ritmo di danza. Questa danza intende manifestare la volontà di comunicare alla
forza vitale che proviene dall’altare del sacrificio di Cristo. Da notare anche
che i fedeli tengono le mani alzate durante le preghiere sacerdotali; un modo
per manifestare la comunione con la preghiera del sacerdote che presiede la
Messa.
Sono alcune delle sensazioni
che ho percepito durante la celebrazione. Mi sono domandato: i cosiddetti abusi,
che purtroppo non mancano nelle celebrazioni liturgiche, non sono forse un
segno che le nostre assemblee hanno bisogno di qualcosa di simile (naturalmente, "mutatis mutandis") a quello che
ho visto e sperimentato nella piccola chiesa della Natività di Gesù? Alcuni
diranno che in questo modo si rischia di celebrare sé stessi, di ridurre la
Messa ad una festa “orizzontale”, in cui il mistero non occupa il posto
centrale. Forse, talvolta…, ma il problema rimane.
M. A.