At 5,12-16; Sal 117 (118); Ap 1,9-11a.12-13.17-19; Gv
20,19-31
Il
contenuto delle tre letture di questa domenica può essere considerato da
diverse prospettive, ma tutte e tre le letture hanno al centro Gesù Cristo
risorto e la fede in lui. La prima lettura ci racconta che il numero di coloro
che credevano nel Signore aumentava. La seconda lettura è un brano del primo
capitolo dell’Apocalisse, dove san
Giovanni narra la visione che egli ha avuto di Cristo risorto, il quale al
tempo stesso che lo incoraggia a scrivere le cose che ha visto, proclama
solennemente: “Io sono il Primo e l’Ultimo, e il Vivente. Ero morto, ma ora
vivo per sempre e ho le chiave della morte e degli inferi”. Finalmente, il
brano evangelico ci tramanda la toccante storia dell’atto di fede in Cristo
risorto dell’apostolo san Tommaso.
Il
grande pensatore cristiano Dietrich Bonhoeffer, scrivendo dal carcere berlinese
nel 1944, pochi giorni prima di essere impiccato, riassumeva così il senso di
tutta la sua esistenza: “Io vorrei imparare a credere…” Il cristiano è colui che
impara a credere giorno per giorno sino al termine della sua vita. L’odierno
racconto evangelico è il ritratto della storia della fede di un uomo che ha
dovuto imparare a credere, e che ha avuto bisogno dei suoi tempi. Dinanzi alla
testimonianza degli altri apostoli che hanno visto il Risorto, Tommaso afferma
che se non mette il dito nel posto dei chiodi e non mette la mano nel costato
del Cristo, non crederà. Tommaso ha bisogno di vedere e toccare, ha bisogno dei
suoi tempi. Al termine della prova di appello offertagli dal Signore, Tommaso
proclama la sua professione di fede, la più sublime dell’intero vangelo: “Mio
Signore e mio Dio!”. La Chiesa annuncia al mondo l’evento pasquale: “Abbiamo
visto il Signore”, ma con pazienza e umiltà deve attendere che il mistero della
libertà umana possa lentamente e gioiosamente giungere all’atto di fede: “Mio
Signore e mio Dio!” Cristo risorto non diventerà mai “Signore” della Chiesa, se
non diventa prima ancora “Signore” del cuore e della vita di ciascuno di noi.
La
fede di Tommaso, come quella degli altri primi discepoli, si fonda
sull’incontro personale con Gesù risorto. Questi fatti sono documentati nel
vangelo che è stato scritto, dice san Giovanni, “perché crediate che Gesù è il
Cristo, il Figlio di Dio e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome”.
Infatti la nostra fede si fonda sulla solida piattaforma della testimonianza
storica documentata nei vangeli e si trasmette nella lunga catena dei credenti
che formano la Chiesa. Ricordiamo che Gesù chiama beati coloro che crederanno
per testimonianza (come noi). Anche se la nostra fede ha travagli simili a
quella di Tommaso, siamo certi che anche per noi è possibile alla fine
proclamare in totale limpidità la nostra fede nel Risorto. Siamo invitati a
farlo ogni volta che ci avviciniamo alla comunione, quando alle parole del
ministro “Il corpo di Cristo”, rispondiamo “Amen”.