Is 55, 6-9; Sal 144; Fil 1, 20c-27a; Mt 20,1-16
Le letture bibliche di questa
domenica propongono alla nostra riflessione il misterioso modo di agire di Dio
nei nostri confronti. Dio non giudica gli uomini con il metro con cui noi non
di rado giudichiamo i nostri simili. Perché, come dice il profeta Isaia nella
prima lettura, i pensieri di Dio non sono i nostri pensieri e le nostre vie non
sono le sue vie: è un Dio che ha misericordia e perdona largamente. Questo
particolar modo di agire di Dio è illustrato da Gesù nella parabola evangelica
dei lavoratori della vigna, una parabola volutamente sconcertante, per indurre
gli ascoltatori, e quindi anche noi, a rettificare eventualmente la nostra idea
della giustizia divina e a interrogarci sul modo in cui comprendiamo e viviamo
il nostro rapporto con Dio.
Possiamo interpretare la
parabola come una risposta di Gesù alla domanda che Pietro e i suoi discepoli
gli hanno rivolto poco prima: “Abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito: che
cosa ne ricaveremo?” (Mt 19,27). Il proprietario della vigna ricompensa
ugualmente operai che hanno compiuto lavori di diversa durata: alcuni hanno
lavorato una giornata intera, altri un poco meno, altri poi un’ora sola; tutti
però vengono retribuiti in modo uguale. Il particolare dell’uguaglianza di
retribuzione nella parabola, mira a sottolineare che non c’è proporzione fra
ciò che fa l’uomo e ciò che dona Dio. Il padrone della parabola distribuisce i
salari non secondo la misura delle prestazioni degli operai, ma in vista del
loro benessere e della loro gioia. Dio, infatti, non è un padrone che dà un
“salario”, ma un padre che elargisce un “dono”. Dio non è un compagno d’affari,
con cui possiamo contrattare la nostra salvezza. La salvezza non va barattata,
ma accettata come dono. Il procedere così generoso di Dio ha come unica
spiegazione la sua bontà infinita e la sua iniziativa libera e spontanea; la
grandezza di Dio non si può misurare: “senza fine è la sua grandezza” (cf.
salmo responsoriale).
Dio sa donare giustizia e
bontà lì dove l’uomo non sa fare altro che un avvilente calcolo matematico. Noi
siamo inclini a definire i reciproci rapporti in base alla prestazione
effettiva, parametro che inconsciamente trasferiamo alle vicende che riguardano
anche i nostri rapporti con Dio. Il Signore invece agisce secondo criteri di
gratuità. Davanti alla misericordia sconfinata di Dio ogni uomo, ciascuno di
noi, si trova nella medesima posizione. La grettezza del nostro cuore fa sì che
sia per noi difficile capire l’amore di un Dio sempre pronto a perdonare,
sempre pronto ad accogliere chiunque apra il cuore alla sua grazia, in ogni
momento. Se siamo veramente discepoli di Cristo sapremo interpretare la nostra
vita secondo criteri di gratuità e di donazione agli altri, i valori che nel
Cristo hanno incarnato l’autentico volto del Padre.
L’Eucaristia esprime in modo
sublime il mistero del donarsi gratuito di Dio a noi. Presentiamo al Signore un
po’ di pane e di vino e abbiamo in dono un “cibo di vita eterna” e una “bevanda
di salvezza”.