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venerdì 27 agosto 2021

DOMENICA XXII DEL TEMPO ORDINARIO ( B ) – 29 Agosto 2021

 



 

Dt 4,1-2.6-8; Sal 14 (15); Gc 1,17-18.21b-22.27; Mc 7,1-8.14-15.21-23

 

La parola di Dio questa domenica ci invita al discernimento tra ciò che è essenziale e ciò che è periferico, ciò che è prioritario e ciò che è secondario nella nostra vita. Così, ad esempio, nella nostra relazione con Dio siamo tentati talvolta di aggrapparci a facili sicurezze, a una religiosità fondata su regole chiare e precise che dispensino da una più profonda responsabilità personale. Alla tentazione del legalismo e del formalismo, le letture bibliche odierne rispondono invitandoci ad un rapporto con Dio fondato su scelte maturate consapevolmente nel profondo della nostra coscienza, del nostro cuore, e attuate poi con piena responsabilità.

 

Nella prima lettura vediamo che Mosè, alla fine del lungo pellegrinaggio attraverso il deserto verso la terra promessa, invita il popolo d’Israele ad “ascoltare” e a mettere “in pratica” le leggi e le norme che egli stesso ha trasmesso a nome del Signore: “perché, dice, viviate ed entriate in possesso della terra che il Signore, Dio dei vostri padri, sta per darvi”. La legge di Dio quindi va anzitutto ascoltata, recepita, personalizzata affinché la sua osservanza sia veramente sorgente di rinnovamento nella nostra vita. Il carattere immutabile della legge, che Gesù è venuto non ad abolire, ma a portare a compimento, non conduce al fondamentalismo, poiché si tratta di una legge viva, affidata ad un popolo responsabile di questo dono. Essa instaura tra Dio e noi una relazione di amicizia fiduciosa, la cui osservanza rende testimonianza “agli occhi dei popoli”, come dice Mosè. In modo simile, san Giacomo nella seconda lettura, ci insegna che dobbiamo accogliere “con docilità” la parola di Dio, che è stata piantata in noi. “Piantata” in noi, deve crescere e dare frutti concreti di vita cristiana.

 

Il brano evangelico aggiunge alcuni ulteriori elementi a questo insegnamento. che hanno come valore centrale il richiamo all’essenziale, cioè alla dimensione del cuore, sede delle decisioni umane. Gesù polemizza contro le tradizioni dei farisei, che appesantiscono la legge, svuotandola del suo contenuto autentico e, riprendendo parole del profeta Isaia, il Signore afferma: “Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me”. Dio ci chiede il cuore! Chi ha il cuore puro, cioè semplice, cerca sinceramente Dio, la sua volontà, il suo amore; e cerca anche sinceramente il prossimo, perché creatura amata da Dio. Chi invece ha il cuore impuro, cioè egoista, cerca se stesso al di sopra di tutto, allora questo tale pur osservando esternamente le leggi è un ipocrita perché dà a Dio non se stesso ma solo qualcosa di se, il suo cuore è lontano dal Signore. Per Gesù l’essenziale nella vita etica non è l’osservanza della norma in sé, ma il “cuore”, cioè la consapevolezza e l’amore con cui si osserva la norma. Come dice il Catechismo della Chiesa Cattolica, il cuore “è il luogo della decisione, che sta nel più profondo delle nostre facoltà psichiche. E’ il luogo della verità, là dove scegliamo la vita o la morte. E’ il luogo dell’incontro, poiché, ad immagine di Dio, viviamo in relazione: è il luogo dell’Alleanza” (n. 2563).

 

Certamente, Gesù non condanna l’esteriorità a favore unilateralmente di una astratta e vaga interiorità del cuore. Siamo corpo e anima, esteriorità e interiorità, due dimensioni del nostro essere non opposte, ma complementari. Possiamo applicare questo insegnamento al nostro modo di partecipare alla santa Messa: ogni nostra preghiera, ogni nostro gesto durante il rito della Messa ha senso in quanto proviene dal cuore e informa la nostra esistenza. Non sia che il Signore possa rimproverare anche noi con le parole del profeta: “Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me”.