Gen 18,1-10a; Sal 14; Col
1,24-28; Lc 10,38-42
Gli
antichi rabbini consideravano questo salmo una specie di compendio della legge
data da Dio ad Israele. Soltanto un cuore semplice, sincero, amante della
giustizia, libero da ogni cattiveria riesce a percepire la presenza di Dio nelle
vicende di ogni giorno. Soltanto un cuore trasparente, umile e mite, capace di
ascoltare la parola del Signore si rende degno di abitare in eterno nella casa
del Signore. Le tre letture odierne ci invitano a passare dall’ospitalità che
il Signore concede a noi, all’ospitalità che noi siamo chiamati ad offrire a
Dio.
Il
racconto proposto dal vangelo d’oggi è assai noto a tutti. Ci si potrebbe
soffermare subito su Marta e Maria, spesso viste arbitrariamente come simboli
contrapposti di una vita data all’attività, al servizio, alle opere, come
quella di Marta, e di una vita data invece alla preghiera, alla contemplazione,
come quella di Maria. E’ però più opportuno dare uno sguardo anche alle altre
letture bibliche, in particolare alla prima. Vediamo infatti che sia la prima
lettura che il racconto evangelico parlano dell’ospitalità: quella offerta da
Abramo a tre personaggi misteriosi arrivati a casa sua, e quella offerta dalle
sorelle Marta e Maria a Gesù. Possiamo quindi affermare che il tema centrale di
questa domenica è l’ospitalità: sia Abramo che le sorelle di Lazzaro vengono
presentati come modelli di accoglienza dell’ospite. Nei due episodi
quest’ospite è Dio stesso. Possiamo perciò circoscrivere l’argomento e dire che
si tratta di dare ospitalità a Dio. Non di rado la nostra vita appare
frammentata, vuota, in balia degli eventi. Dio può dare senso e armonia alla
nostra esistenza. E’ necessario però mettersi in atteggiamento di ascolto della
sua parola, come Maria.
Le
due sorelle rappresentano due modi diversi, non in contrasto ma complementari,
di accogliere il Signore. Non si tratta di proclamare la superiorità della
contemplazione sull’azione ma di richiamare sia Marta che Maria all’esigenza
dell’ascolto della parola di Dio che deve precedere, alimentare e sostenere
ogni scelta religiosa e umana del discepolo di Gesù. Perciò Maria è raffigurata
nell’atteggiamento del discepolo davanti al maestro, “ai piedi del Signore”
mentre ascolta la sua parola. Abbiamo bisogno di nutrire in noi un atteggiamento
di ascolto della parola di Dio, sia che la nostra vita sia come quella di
Marta, indaffarata in un lavoro che assorbe, o come quella di Maria, soli
nell’interno di una casa quotidiana e solitaria. Nella seconda lettura, Paolo,
che ha ricevuto da Dio la missione di “portare a compimento la sua parola”, ci
ricorda che l’ascolto di cui parliamo porta all’impegno nel quotidiano. Anche
il canto al vangelo parla di “coloro che custodiscono la parola di Dio” e “producono
frutto con perseveranza” (cf. Lc 8,15). E nella colletta alternativa chiediamo
che “nulla anteponiamo all’ascolto della parola di Dio”. Non ha senso la contrapposizione
tra ascoltare e darsi da fare, tra contemplare e agire. Si tratta di due momenti
che si compenetrano a vicenda. L’ascolto della Parola offre le motivazioni
profonde che danno senso al servizio. Ecco, quindi, che ci viene offerta una
linea per dare unità alla vita: l’ascolto. Tutti abbiamo bisogno di ascoltare
la parola del Signore, che è capace di avvolgere di luce nuova il nostro lavoro,
il nostro riposo, le nostre preoccupazioni, le nostre lotte quotidiane.