At
6,1-7; Sal 32; 1Pt 2,4-9; Gv 14,1-12
La
lettura evangelica propone un brano del discorso di addio pronunciato da Gesù
nel contesto dell’ultima Cena. Gesù parla della sua dipartita da questo mondo e
del suo ritorno alla casa del Padre, dove va a preparare un posto anche per i
suoi discepoli. San Tommaso desidera conoscere la via per arrivare al luogo
dove Gesù afferma che sta per andare. Gesù risponde di essere lui stesso la
via, ma non solo: egli aggiunge che è anche la verità e la vita. Queste parole
non devono essere interpretate in modo astratto. Gesù propone la propria
persona, il proprio messaggio come ciò che rende “vero” il nostro sguardo su di
noi stessi, che dà autenticità ai nostri desideri più profondi, che dona cioè
senso e vigore alla vita e la riempie di speranza e di un orizzonte aperto,
duraturo, eterno e per questo degno di essere ricercato e perseguito. Gesù morto e risorto è la via unica che
conduce al Padre, la verità che illumina, la vita eterna che ci viene donata
già ora nel nostro cammino verso la gloria definitiva. Insomma, Gesù è la via per giungere alla vera vita, ossia alla verità
della vita.
Dinanzi
a questi discorsi, Filippo taglia corto e dice a Gesù: “Signore, mostraci il
Padre e ci basta”. La risposta di Gesù è sorprendente: “Chi ha visto me ha
visto il Padre”. Filippo cerca una visione, una apparizione. Gesù gli ricorda
che solo lui, nella sua concreta umanità, è il luogo in cui si può scorgere la
realtà di Dio. In lui il Dio invisibile si è fatto visibile, conoscibile
raggiungibile. È dunque osservando l’umanità di Gesù (parole e opere) che si
può comprendere chi è Dio.
La
seconda lettura riprende e sviluppa la stessa dottrina della centralità di
Cristo nella nostra vita; lo fa adoperando un’altra immagine, quella della
“pietra”. San Pietro paragona la comunità dei credenti ad un “edificio
spirituale, per un sacerdozio santo…”, fondato su Cristo “pietra d’angolo”
dell’edificio. Con la sua risurrezione, Cristo si è mostrato davanti agli
uomini come roccia su cui fondare l’edificio di una nuova comunità, quella dei
credenti in Lui, che sono a loro volta chiamati “pietre vive”. Per coloro
invece che rifiutano Cristo quale pietra angolare, essa diventa “sasso
d’inciampo e pietra di scandalo”.
Della
nuova comunità fondata su Cristo, che è la Chiesa, e dei suoi primi passi nella
storia, parla la prima lettura. Si tratta di una comunità che, pur nelle sue
contraddizioni e tensioni, vive in atteggiamento di “servizio” (servizio della
Parola e servizio dei poveri) ad esempio di colui che ha detto: “Il Figlio
dell’uomo non è venuto a farsi servire, ma per servire e dare la propria vita
in riscatto per molti” (Mc 10,45). In questo modo, la Chiesa, quale strumento
di salvezza, è chiamata a rendere presente ed operante, nel tempo e nel mondo,
la grazia del Risorto, di colui che è il solo Salvatore, la via unica che
conduce al Padre.
La
funzione mediatrice di Cristo e il carisma sacerdotale della Chiesa trovano il
loro esercizio privilegiato nella celebrazione eucaristica. Qui avviene il
misterioso scambio di doni che rende possibile la comunione con Dio, unico e
sommo bene. Nella celebrazione eucaristica si verifica quel processo che ci fa
passare “dalla nativa fragilità umana alla vita nuova nel Cristo risorto” (orazione
dopo la comunione).