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domenica 30 aprile 2023

I COMPLESSI LINGUAGGI RITUALI NON VERBALI

 



 

Si può convenire che la liturgia, come è uscita dalla riforma conciliare, è essenzialmente una performance complessa in cui prevalgono i linguaggi non verbali. È curioso che lo studio della liturgia anche in atenei famosi, privilegi i linguaggi verbali e le fonti letterarie, come se questa mediazione ecclesiale dipendesse dalla semantica. Anche sotto il profilo squisitamente comunicativo è risaputo che solo il 7% dei messaggi interpersonali dipenda dalle parole, il 38% dal tono della voce, il 55% dai linguaggi non verbali del corpo. Mentre si scrivono infiniti commenti alle letture bibliche, si dimentica che l’importante è l’intonazione della voce, la magia della foné. Un intero universo, parzialmente sconosciuto, si apre alla ricerca teologica per approfondire forse in modo più puntuale l’affermazione di SC 7: “La liturgia è azione sacra per eccellenza, e nessuna altra azione della Chiesa, allo stesso titolo e allo stesso grado, ne uguaglia l’efficacia”.

 

Il vero snodo riguarda lo stretto legame teandrico della liturgia per cui la sua efficacia non va posta esclusivamente sul conto di Dio, ma anche sulla speciale azione antropologica del rito. Su questo fronte la ricerca è appena avviata per un ripensamento di tutta la sacramentaria.

 

Fonte: Roberto Tagliaferri, I complessi linguaggi rituali non verbali, in D. Messina – V. Trapani (ed.), “Per ritus. I linguaggi rituali alla prova della complessità”, CLV – Edizioni Liturgiche, Roma 2022, pp. 117-118.