At
2,42-47; Sal 117; 1Pt 1,3-9; Gv 20,19-31
Il
brano evangelico parla di Tommaso che ha visto, ha contemplato i segni della
passione sul corpo glorificato del Signore. Possiamo dire che in questi segni
l’apostolo ha contemplato le meraviglie dell’amore misericordioso di Dio che,
compiute nella storia antica, si riassumono tutte nell’evento mirabile della
risurrezione del Signore.
Alla
professione di fede nel Signore risorto si giunge attraverso un cammino che per
i primi discepoli, in particolare per san Tommaso, è stato un cammino “difficile”.
In questo contesto, siamo condotti a riscoprire e rinvigorire la nostra fede
nella presenza del Risorto in mezzo a noi. Notiamo che l’apostolo Tommaso
approda alla fede nella risurrezione del Signore quando ritrova la comunità, il
gruppo dei discepoli. Da parte sua, la Chiesa è chiamata a rendere visibile la
presenza di Cristo risorto testimoniando una vita di comunione a tutti i livelli,
come la primitiva comunità cristiana di Gerusalemme di cui ci parla la prima
lettura, tratta dagli Atti degli Apostoli: in essa “l’unione fraterna” si esprime
non solo nell’ascolto dell’insegnamento degli apostoli e nei momenti della
preghiera e della celebrazione eucaristica, ma anche e inseparabilmente negli
altri settori della vita. Vediamo infatti che coloro che erano venuti alla fede
stavano insieme e tenevano ogni cosa in comune. Diventiamo testimoni del Risorto
nella misura in cui siamo capaci di stabilire con gli altri rapporti di
comunione, di dedizione, di solidarietà a tutti i livelli. Non il prodigio, ma
l’amore che si fa dono, condivisione, pane spezzato, è il vero miracolo che
testimonia la presenza del Signore risorto nella storia degli uomini.
La
seconda lettura è una esortazione alla perseveranza nella fede gioiosa, che ci
fa pregustare la meta della nostra salvezza. Questa gioia è dono del Risorto.
Nel giorno di Pasqua i discepoli sono passati dalla paura che li ha dispersi
alla gioia che li ha rinsaldati nella comunione: san Tommaso (come prima i due
discepoli di Emmaus) ritrova con la fede in Cristo la gioia della comunione con
gli altri. La confessione di fede di Tommaso non esprime soltanto il
riconoscimento ma l’appartenenza, la gioia, lo slancio e l’amore. Non dice “Signore
Dio”, ma “il mio Signore e il mio Dio”.
Le
parole di Gesù “beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!” danno un
particolare rilievo alla scena, la quale assume grande importanza, divenendo il
punto di passaggio dalla visione alla testimonianza, dai segni all’annuncio. Si
apre sul tempo della Chiesa. Credente è ora chi, superato il dubbio e la
pretesa di toccare e vedere, accetta la testimonianza autorevole di chi ha
veduto. Di fronte a Tommaso che vuol toccare e vedere per credere, Cristo Risorto
non si tira indietro e lancia a noi la sfida: quanto la nostra vita di credenti,
quanto la nostra vita di consacrati è credibile, tangibile? Le obiezioni del
Tommaso di ieri come dei Tommaso di oggi sono ragionevoli, ci interpellano, vanno
prese sul serio,
La
celebrazione eucaristica ci dovrebbe aiutare a riconoscere Cristo presente
nella comunità e a testimoniarlo ai fratelli con una degna condotta di vita. Il
Risorto è con noi, verità fondamentale e fondante della nostra fede. Egli
continua ad ammaestrarci mediante l’insegnamento degli apostoli, ritorna
presente in mezzo a noi nella “frazione del pane”. A nostra volta noi lo
incontriamo “nella preghiera” e gli rendiamo testimonianza mediante la
comunione fraterna. Incontrare Cristo Risorto significa, in fondo, incontrare
il proprio fratello, col quale Cristo ha voluto identificarsi.