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venerdì 14 aprile 2023

DOMENICA II DI PASQUA (A) o della Divina Misericordia - 16 Aprile 2023

 



At 2,42-47; Sal 117; 1Pt 1,3-9; Gv 20,19-31

 

 

Il brano evangelico parla di Tommaso che ha visto, ha contemplato i segni della passione sul corpo glorificato del Signore. Possiamo dire che in questi segni l’apostolo ha contemplato le meraviglie dell’amore misericordioso di Dio che, compiute nella storia antica, si riassumono tutte nell’evento mirabile della risurrezione del Signore.

 

Alla professione di fede nel Signore risorto si giunge attraverso un cammino che per i primi discepoli, in particolare per san Tommaso, è stato un cammino “difficile”. In questo contesto, siamo condotti a riscoprire e rinvigorire la nostra fede nella presenza del Risorto in mezzo a noi. Notiamo che l’apostolo Tommaso approda alla fede nella risurrezione del Signore quando ritrova la comunità, il gruppo dei discepoli. Da parte sua, la Chiesa è chiamata a rendere visibile la presenza di Cristo risorto testimoniando una vita di comunione a tutti i livelli, come la primitiva comunità cristiana di Gerusalemme di cui ci parla la prima lettura, tratta dagli Atti degli Apostoli: in essa “l’unione fraterna” si esprime non solo nell’ascolto dell’insegnamento degli apostoli e nei momenti della preghiera e della celebrazione eucaristica, ma anche e inseparabilmente negli altri settori della vita. Vediamo infatti che coloro che erano venuti alla fede stavano insieme e tenevano ogni cosa in comune. Diventiamo testimoni del Risorto nella misura in cui siamo capaci di stabilire con gli altri rapporti di comunione, di dedizione, di solidarietà a tutti i livelli. Non il prodigio, ma l’amore che si fa dono, condivisione, pane spezzato, è il vero miracolo che testimonia la presenza del Signore risorto nella storia degli uomini.

 

La seconda lettura è una esortazione alla perseveranza nella fede gioiosa, che ci fa pregustare la meta della nostra salvezza. Questa gioia è dono del Risorto. Nel giorno di Pasqua i discepoli sono passati dalla paura che li ha dispersi alla gioia che li ha rinsaldati nella comunione: san Tommaso (come prima i due discepoli di Emmaus) ritrova con la fede in Cristo la gioia della comunione con gli altri. La confessione di fede di Tommaso non esprime soltanto il riconoscimento ma l’appartenenza, la gioia, lo slancio e l’amore. Non dice “Signore Dio”, ma “il mio Signore e il mio Dio”.

 

Le parole di Gesù “beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!” danno un particolare rilievo alla scena, la quale assume grande importanza, divenendo il punto di passaggio dalla visione alla testimonianza, dai segni all’annuncio. Si apre sul tempo della Chiesa. Credente è ora chi, superato il dubbio e la pretesa di toccare e vedere, accetta la testimonianza autorevole di chi ha veduto. Di fronte a Tommaso che vuol toccare e vedere per credere, Cristo Risorto non si tira indietro e lancia a noi la sfida: quanto la nostra vita di credenti, quanto la nostra vita di consacrati è credibile, tangibile? Le obiezioni del Tommaso di ieri come dei Tommaso di oggi sono ragionevoli, ci interpellano, vanno prese sul serio,

 

La celebrazione eucaristica ci dovrebbe aiutare a riconoscere Cristo presente nella comunità e a testimoniarlo ai fratelli con una degna condotta di vita. Il Risorto è con noi, verità fondamentale e fondante della nostra fede. Egli continua ad ammaestrarci mediante l’insegnamento degli apostoli, ritorna presente in mezzo a noi nella “frazione del pane”. A nostra volta noi lo incontriamo “nella preghiera” e gli rendiamo testimonianza mediante la comunione fraterna. Incontrare Cristo Risorto significa, in fondo, incontrare il proprio fratello, col quale Cristo ha voluto identificarsi.