Sir 27,33-28,9; Sal 102;
Rm 14,7-9; Mt 18,21-35
Il Sal 102 è un inno
pieno di affetto ed entusiasmo alla misericordia di Dio; il salmista,
ricordando che ha peccato ma che è stato perdonato da Dio, alla fine della sua
intensa preghiera invita tutte le creature a lodare con lui il Signore. Il “Dio
è amore” della prima lettera di Giovanni (4,8) trova in questa preghiera un’autentica
anticipazione. L’atmosfera in cui si muove questo inno è piena di amorevolezza,
serenità e luminosità. Nella liturgia della Chiesa, questo salmo è diventato un
inno a Gesù Cristo; in lui si sono realizzati per noi tutti i benefici divini
ricordati dal salmista. Riassume bene il tema della domenica il ritornello del
salmo responsoriale: “Il Signore è buono e grande nell’amore”.
Il brano del Siracide
ci ricorda che se conserviamo nel nostro cuore rancore, non potremo ottenere il
perdono di Dio. Ecco il perché del pressante invito del saggio israelita: “Perdona
l’offesa al tuo prossimo e per la tua preghiera ti saranno rimessi i peccati”.
Non possiamo chiedere ci venga applicata una logica di perdono e nello stesso
tempo rifiutarci di usare questa medesima logica verso i nostri simili. Il
racconto evangelico sviluppa lo stesso tema. San Pietro si rivolge a Gesù e gli
domanda quante volte si deve perdonare al fratello, ci sono dei limiti? La
domanda non è oziosa. Infatti, i maestri d’Israele di quel tempo affermavano
generalmente che si doveva perdonare fino a tre volte. San Pietro è più generoso,
e domanda: “fino a sette volte?” Ma Gesù dimostra nella sua risposta l’infinita
misericordia di Dio quando afferma con un gioco di parole: “fino a settanta
volte sette”, cioè sempre. E per imprimere nella mente dei discepoli questa
volontà di perdono, ecco che Gesù narra, come è sua abitudine, una
significativa parabola.
Noi ci troviamo nella condizione descritta
dalla seconda scena della parabola: in mezzo alla strada, di fronte ad altri
servi come noi del padrone. Come dobbiamo comportarci? Ricordando che prima di
ogni nostra scelta abbiamo ricevuto da Dio il perdono gratuito di un debito
impagabile. Se questo ricordo rimarrà e sarà operante nel cuore, il nostro
comportamento verso gli altri sarà necessariamente fatto di perdono e di
gratuità. Se invece dimentichiamo quello che Dio ha fatto per noi, allora
rientreremo nella logica della stretta parità e il rapporto con gli altri
tenderà a diventare uno scambio commerciale.
Anche il breve brano della lettera ai Romani,
proposto come seconda lettura, ci invita ad assumere una logica di fede nei
rapporti con gli altri. Da dove viene la difficoltà per perdonare? Dal porre se
stessi al centro, dal valutarsi più di quanto noi siamo. San Paolo ci ricorda
che nessuno vive per se stesso, perché se noi viviamo, viviamo per il Signore,
siamo del Signore. Si tratta in entrare con chiarezza in questo modo di
ragionare proprio della fede. La parola di Dio illumina la nostra fede, ci
esorta a non lasciarci travolgere dai sentimenti di odio e di vendetta, ma a vincere
il male con il bene.