1Sam 16,1b.4a.6-7.10-13°; Sal 22 (23); Ef 5,8-14; Gv
9,1-41
Il Sal
22 è un bellissimo poema di alta ispirazione lirica che parla di comunione è di
intimità tra Dio e l’uomo. L’affermazione centrale del salmo è “perché tu sei
con me”. Più in particolare, questo Dio che ci è vicino è contemplato come
colui che guida (come il pastore guida il suo gregge), e come colui che offre
ospitalità. Nella persona di Gesù, il Dio che fu Pastore e Ospite di Israele,
si è fatto incontro agli uomini con un volto umano e con amore e bontà al di
sopra di ogni misura. Il Signore Gesù è per ognuno di noi Pastore e Ospite
divino; egli ci conosce per nome, ci accompagna nelle asprezze e avversità del
nostro pellegrinaggio e ci fa partecipi dei beni di Dio suo Padre. Nel Battesimo,
nella Confermazione e nell’Eucaristia, Egli porta a compimento l’opera della
salvezza per condurci al pascolo e al banchetto eterno.
Il
racconto della guarigione del cieco nato operata da Gesù e riportata dal brano
evangelico odierno è un miracolo in due tempi caratterizzati da due incontri
dell’uomo cieco con Gesù: nel primo incontro Gesù, dopo aver spalmato del fango
sugli occhi del cieco, lo invia a lavarsi alla piscina di Siloe. Quegli va, si
lava e torna che ci vede. L’uomo ormai guarito della cecità ha un secondo
incontro con Gesù. Questo nuovo incontro è collocato alla fine di un itinerario
di prove e di incomprensioni che porta il nostro uomo a riscoprire un’altra
luce, quella di Cristo che egli esprime con la professione di fede: “Credo,
Signore”, e con il gesto dell’adorazione: “E si prostrò dinanzi a lui”. Nel
racconto di san Giovanni, il dono della vista del corpo è simbolo del dono
della fede. Notiamo che nei due casi è Gesù che ha l’iniziativa: è lui che,
passando, vede il cieco; ed è ancora lui che, avendo saputo che era stato
cacciato dai farisei, lo incontra per guidarlo alla fede.
San
Paolo ci ricorda nella seconda lettura che non basta incontrare la luce della
fede in Cristo. Essa deve permeare la nostra vita. Se siamo stati illuminati
con la luce della fede, dobbiamo comportarci “come i figli della luce”, il cui
frutto “consiste in ogni bontà, giustizia e verità”. Si tratta di tre
dimensioni che abbracciano l’intera esistenza umana. Da parte sua, la prima
lettura, tratta dal primo libro di Samuele, illustra le caratteristiche che
deve avere lo sguardo del credente. C’è modo e modo di vedere; c’è un vedere
che si ferma alla superficie delle cose e degli avvenimenti, e un vedere che va
oltre le apparenze. Nella scelta di Davide, il più piccolo dei figli di Iesse,
si manifesta il criterio della fede. Dice il Signore a Samuele: “Non guardare
al suo aspetto né alla sua alta statura. Io l’ho scartato, perché non conta
quel che vede l’uomo: infatti l’uomo vede l’apparenza, ma il Signore vede il
cuore”.
Il
racconto della guarigione miracolosa del cieco nato, ci fa capire che la fede è
un itinerario. Il cieco, come il catecumeno, arriverà ad essa per tappe.
Possiamo e dobbiamo quindi approfondire sempre di più il nostro incontro con
Cristo. Si tratta di un itinerario impegnativo. Confessare la propria adesione
a Cristo può comportare l’opposizione del mondo, come nel caso del cieco nato,
che non viene difeso neppure dai suoi parenti ed è escluso dalla comunità.
Questo itinerario laborioso e impegnativo lo si compie guidati dallo stesso
Cristo che, per primo, si rivela a noi. Illuminati dalla luce che è Cristo, la
nostra esistenza diventa luminosa e siamo capaci di interpretare le vicende
della vita con gli occhi della fede. L’Eucaristia a cui partecipiamo è “mistero
della fede”. Il cammino di fede iniziato nel Battesimo ci conduce all’Eucaristia,
come al suo termine logico. E’ nell’Eucaristia che viviamo in pienezza il
nostro incontro con Cristo luce del mondo.