At
8,5-8.14-17; Sal 65 (66); 1Pt 3,15-18; Gv 14,15-21
Da
tutta la terra sale una sinfonia di lode verso Dio che agisce nel cosmo e nella
storia, in particolare attraverso quel grande evento emblematico che è stato la
liberazione del suo popolo dalla schiavitù dell’Egitto. La tradizione della
Chiesa attribuisce questo canto di ringraziamento (il Sal 65) a Cristo, perché
dopo essere stato messo alla prova e passato al crogiolo come l’argento, è
stato glorificato. Anche noi siamo passati dalla morte alla vita nuova ricevuta
nel battesimo, e quindi glorifichiamo Dio dicendo: “Acclamate Dio, voi tutti
della terra”.
La
domenica odierna comincia a preparare la solennità della Pentecoste,
annunciando il dono dello Spirito Santo. Gesù, tornando al Padre, non lascia
soli coloro che credono in Lui. Rimane tra loro in una forma nuova, tramite “un
altro Paraclito”, “lo Spirito della verità” (vangelo). Questo Spirito è
comunicato mediante il ministero degli apostoli a coloro che credono in Cristo
(prima lettura), perché li sostenga e li animi edificandoli in comunità viva,
capace di rendere ragione della propria fede (seconda lettura).
Gesù
risorto non rinnega la solidarietà con gli uomini. La sua morte e risurrezione
segnano il passaggio da una presenza visibile ma esteriore a una presenza
interiore, meno palpabile dai sensi ma non per questo meno reale ed efficace.
Questa presenza è realizzata dallo Spirito Santo, dono del Padre, che rimane
con i discepoli di Gesù per sempre. Il compito dello Spirito viene indicato dai
due nomi che nel vangelo d’oggi riceve: “Paraclito”, che in greco significa
“Consolatore”, e “Spirito della verità”.
Cominciamo
dal secondo titolo: “Spirito della verità”. La verità di cui parla il vangelo
di san Giovanni è la rivelazione dell’amore del Padre per noi, che si
concretizza nello stesso Gesù. E’ Lui la verità! Lo Spirito appare quindi come
colui che introduce nella piena conoscenza di Cristo, che ci insegna ad amarlo
e a servirlo. Chi non crede che Gesù è la rivelazione dell’amore del Padre,
rimane nel suo cuore ermeticamente chiuso ad ogni influsso dello Spirito Santo.
Coloro invece che credono in Gesù, con il dono dello Spirito, sono chiamati ad
una intimità ancora maggior con Gesù: Egli non è solo “vicino” a loro, ma è
veramente “in loro”. Dicevamo poi che
questo Spirito è il “Paraclito”. Il termine proviene dal linguaggio giuridico
greco e indica uno che viene “chiamato vicino” ad un accusato perché lo aiuti e
lo difenda. Da questo significato proviene quello derivato di “Consolatore”.
Solo san Giovanni usa questo termine per indicare sia lo Spirito Santo
(14,16.26; 15,26; 16,7) sia Gesù stesso (1Gv 2,1). Quindi il Paraclito è, al
pari di Gesù, un “altro Consolatore”. Lo Spirito Santo è quindi dato a nostra
difesa, a sostegno cioè del nostro compito di testimonianza nel mondo, affinché
siamo sempre pronti a rispondere a chiunque ci domandi ragione della speranza
che è in noi (cf. 1Pt 3,15).
Caratteristica
propria dello Spirito Santo è quella di essere “il dono” per eccellenza.
L’azione dello Spirito è essenzialmente “dono di sé”. Rendersi perciò conto
della sua presenza in noi significa prendere coscienza che la nostra esistenza è
avvolta dalla presenza premurosa di Dio e questo fatto, se viene recepito a
fondo, è capace di trasfigurare profondamente la vita intera. San Cirillo di
Gerusalemme afferma che “ciò che lo Spirito Santo tocca è santificato e
trasformato totalmente” (Catechesi XXIII).