Dt 4,32-34.39-40; Sal 32 (33);
Rm 8,14-17; Mt 28,16-20
La celebrazione della
solennità della Santissima Trinità alla fine dell’itinerario che abbiamo
percorso da Natale al Calvario e dalla Tomba vuota alla venuta dello Spirito è
un invito a contemplare le radici di tutto quanto abbiamo commemorato nel
decorso dell’anno liturgico. Si tratta di una storia di salvezza il cui
protagonista è Dio Uno e Trino. Alla luce del mistero trinitario tutto acquista
il suo senso. Tutto discende dal Padre, per Gesù Cristo, suo Figlio fatto uomo,
grazie all’azione dello Spirito Santo e alla sua presenza nei nostri cuori.
Tutto risale al Padre per il suo Figlio, nello Spirito. È’ questo il doppio
movimento, discendente e ascendente, del mistero della salvezza.
Noi sappiamo qualcosa di Dio
perché egli si è manifestato nella storia come creatore e salvatore. Le letture
bibliche di questa celebrazione ci invitano ad approfondire, in una prospettiva
di fede, i modi in cui Dio si rivela e si fa presente nella storia della
salvezza e nella nostra vita di ogni giorno. La prima lettura propone un brano
del discorso tenuto da Mosè al popolo d’Israele uscito dall’Egitto e vicino
ormai alle soglie della terra promessa. Mosè invita i suoi ascoltatori a
prendere coscienza della benevola vicinanza che Dio ha mostrato con loro. Egli
è il Santo al quale l’essere umano non può accostarsi. Eppure ha parlato ai
figli di Israele ed essi hanno udito la sua voce e sono rimasti vivi. Poi Mosè
trae la conseguenza di tutto ciò: la fedeltà a Dio unico Signore è la garanzia
della libertà e della felicità. Questa pagina della Scrittura ricorda ciò che
non bisogna mai dimenticare: Dio non si dimostra, si mostra. Nel Nuovo
Testamento segno di questa presenza di Dio è Gesù, il quale ci rassicura nel
brano evangelico d’oggi: “io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del
mondo”.
Dio non è il gendarme della
nostra vita, ma il Padre che attraverso il suo Spirito ci rende sempre più
figli ed eredi sul modello di suo Figlio unigenito Gesù. Nella seconda lettura,
l’apostolo Paolo ci esorta ad aprire il nostro cuore a questo Spirito.
Trasformati dall’amore dello Spirito, i nostri rapporti devono essere filiali
verso il Padre e fraterni verso il Cristo.
Nel brano evangelico, Gesù ci
invita a passare dalla comunione interpersonale con Dio alla testimonianza di
questa esperienza. Infatti, congedandosi degli apostoli, Gesù afferma
solennemente: “A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate
dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandole nel nome del Padre e del
Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che ci ho
comandato”.
Alla luce del mistero
trinitario, Dio ci si manifesta come un Dio che esce da se stesso, ama il mondo
e l’uomo; si comunica e dialoga con lui. Un Dio quindi vicino, che viene al nostro
incontro per mezzo di suo Figlio. Un Dio che addirittura ci fa partecipi della
sua vita. Un Dio di cui possiamo ben dire: “grande è il suo amore per noi”
(antifona d’ingresso).