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sabato 19 maggio 2018

DOMENICA DI PENTECOSTE (B) Messa del giorno (20 Maggio 2018)






At 2,1-11; Sal 103 (104); Gal 5,16-25; Gv 15,26-27; 16,12-15



La prima lettura narra l’evento di cui facciamo oggi memoria: alla sera della festa ebraica di pentecoste, cinquanta giorni dopo pasqua, gli apostoli con Maria e gli altri discepoli di Gesù erano raccolti in preghiera nel cenacolo a Gerusalemme. All’improvviso apparve lo Spirito Santo in forma di lingue di fuoco che si posarono su ciascuno di loro. In questo modo si adempiva la promessa che Gesù aveva fatto prima di salire in cielo, di cui parla anche il vangelo d’oggi.

Per gli Ebrei la festa della pentecoste era inizialmente una gioiosa festa contadina chiamata “festa della mietitura” o “festa dei primi frutti”. Si celebrava il cinquantesimo giorno dopo la pasqua e indicava l’inizio della mietitura del grano. Lo scopo primitivo di questa festa era quindi il ringraziamento a Dio per i frutti della terra. Però col passar delle generazioni, gli Ebrei diedero alla festa un significato nuovo. Nel giorno di pentecoste s’iniziò a commemorare il dono della Legge di Dio sul Sinai. Gli Ebrei passavano la vigilia della festa leggendo la Legge che Dio stesso aveva consegnato per loro a Mosè.

La Pentecoste cristiana ricorda un altro dono, non una legge scritta ma lo Spirito Santo, che è l’amore del Padre e del Figlio. Nel secondo discorso d’addio, riportato dal vangelo d’oggi, Gesù promette agli apostoli l’invio dello “Spirito della verità”, espressione ripetuta ben due volte. “Della verità”, cioè in stretto rapporto con la verità rivelata da Gesù Cristo. Lo Spirito è il dono di comprensione piena di tutta la verità rivelata da Gesù, interpretandola in riferimento agli eventi che man mano accadranno fino alla fine dei tempi. Dice Gesù agli apostoli: “Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità”, ci permetterà cioè di comprendere in profondità le parole e i gesti del Signore.

Lo Spirito aiuta ad introdursi sempre più nell’intimo della verità portata da Cristo; e questa penetrazione non si risolve in un puro fatto conoscitivo, ma si attua in un profondo rapporto di vita, quale risultato dell’aver accolto la parola di Cristo come fermento lievitante di tutta la propria esistenza. Lo Spirito quindi non è concorrente rispetto al ruolo di Gesù, ma rappresenta il vertice e il compimento della sua missione.

Della vita nuova che scaturisce dal dono dello Spirito ci dà una descrizione essenziale san Paolo nella seconda lettura. Tutti noi che abbiamo ricevuto lo Spirito, dobbiamo camminare  “secondo lo Spirito”. Lo Spirito è fonte e garanzia di libertà per quelli che si lasciano guidare dal suo impulso interiore. Siccome tutta la volontà di Dio è concentrata nel precetto dell’amore, per quelli che seguono l’impulso interiore dello Spirito non c’è bisogno del controllo esterno della legge, perché ne attuano spontaneamente tutte le esigenze. Perciò abbiamo cantato: “Vieni Santo Spirito, riempi i cuori dei tuoi fedeli e accendi in essi il fuoco del tuo amore” (canto al vangelo). La pentecoste ebraica ricordava il dono della Legge sul Sinai. La pentecoste cristiana celebra il dono dello Spirito, che effonde nei nostri cuori l’amore di Dio, la nuova legge interiore che deve guidare la vita del cristiano. Nella pentecoste cristiana il cenacolo appare come il nuovo Sinai e il dono della Legge, che inaugurò a suo tempo il periodo dell’antica alleanza, è sostituito ora con il dono dello Spirito, che inaugura invece l’era della nuova alleanza.