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venerdì 2 novembre 2018

DOMENICA XXXI DEL TEMPO ORDINARIO (B) – 4 Novembre 2018




Dt 6,2-6; Sal 17; Eb 7,23-28; Mt 12,28b-34



Il comandamento di amare Dio e il comandamento di amare il prossimo erano ben conosciuto nell’Antico Testamento. Alla domanda che gli fa lo scriba su quale sia il primo comandamento, Gesù riprende la professione di fede che ogni giorno ripeteva l’ebreo nella sua preghiera, testo che inizia con le parole “Ascolta, o Israele”, ed è riportato nella prima lettura. Ma Egli arricchisce il testo in modo considerevole. Infatti, Gesù commenta insieme due comandamenti e li rende una sola cosa. Più in concreto, Gesù propone non solo l’amore di Dio, ma anche del prossimo nonché l’amore di se stesso: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Chi dunque non è capace di amare se stesso, non è capace di amare il prossimo e, di conseguenza, non sa amare Dio. Sono tre amori che hanno una sola ed identica radice.



Ma cosa significa amare, in particolare, cosa significa amare Dio? Possiamo rispondere riprendendo le parole della preghiera ebraica citata da Gesù: “Ascolta, o Israele”. L’ascolto è già un movimento di amore in quanto ascoltando mi apro all’altro e accolgo in me la sua presenza. L’ascolto fonda un legame, una relazione in cui io esco dal mio egoismo, dal mio isolamento e mi apro alla relazione verso un altro. L’ascolto pone l’uomo nella situazione di relazione e di libertà che è essenziale per amare. Un amore imposto è un amore falso.



Amare Dio, poi, non consiste in un ricordo passeggero di Dio all’inizio o alla fine della giornata; non consiste neppure in invocarlo nel momento del bisogno. Nelle parole di Gesù ritorna insistente un vocabolo che esprime totalità e continuità: “tutto il tuo cuore”, “tutta la tua mente”, “tutta la tua forza”. Si tratta quindi di un amore che si impadronisce di tutta la nostra esistenza, che invade ogni nostro pensiero e ogni azione, che dà forma alla vita. Quando l’amore a Dio non ha queste caratteristiche, la nostra fede e la nostra pratica religiosa si impoveriscono, possono diventare formalismo, legalismo, forse addirittura superstizione.



Ricordiamo, finalmente, che l’amore è anche un dono che Dio ci elargisce. Lo abbiamo affermato all’inizio della messa quando abbiamo pregato: “Dio onnipotente e misericordioso, tu solo puoi dare ai tuoi fedeli il dono di servirti (e quindi di amarti) in modo lodevole”. Chiediamo questo dono.