L'incontro delle corali. I dieci punti per cantare bene (e senza errori) alla Messa
Giacomo Gambassi sabato 24 novembre 2018
«Che cosa
si fa quando si è innamorati? Si canta una serenata. Ecco la Chiesa che ama il
suo Signore canta le lodi all’Altissimo». Monsignor Marco Frisina racconta
con una similitudine il ruolo della musica liturgica. Il prete romano,
diplomato al Conservatorio Santa Cecilia della Capitale, autore di brani sacri,
colonne sonore, oratori, è il promotore e coordinatore del terzo Incontro
internazionale delle corali in Vaticano che oggi ha avuto il suo momento
centrale con l’udienza di papa Francesco a settemila cantori giunti da tutto il
mondo e che domani si conclude con la Messa nella Basilica di San Pietro.
«Le
parole del Papa sono state un incoraggiamento per svolgere con rinnovato
entusiasmo quello che è un vero e proprio ministero», afferma Frisina che
ripercorre la sua storia personale fra ministero sacerdotale e pentagramma nel
libro “Mio canto è il Signore”, una conversazione
con Antonio Carriero (Elledici; pagine 112; euro 8,90). E traccia una sorta di decalogo del “buon canto” durante la Messa e della
“buona corale”.
1. Il coro accompagna
«Il coro è una realtà ben presente nelle parrocchie italiane. Ma
può cadere in alcune tentazioni che ne offuscano l’efficacia», spiega Frisina.
E indica come parola chiave: “accompagnare”. «Il coro è non un elemento
estraneo all’assemblea. Quindi fa parte del popolo di Dio che vive la
celebrazione. Il suo compito è di accompagnare la comunità nella lode di Dio
attraverso il canto. Ma deve essere anche accompagnato dalla comunità stessa.
Perché è a servizio di essa e non può essere autorefenziale».
2. La Messa non è un concerto
Il canto liturgico non è «un’esibizione», chiarisce il sacerdote
compositore. E nel rito «va evitato l’“effetto concerto”». Perché «la liturgia
non è spettacolo ma verità. E se il coro è chiamato a dare il meglio di sé,
tutto deve avvenire secondo uno spirito di servizio».
3. Attenzione ai canti
I canti vanno scelti tenendo conto della pertinenza liturgica
dei brani. «Un canto di Quaresima – afferma Frisina – è diverso da uno
pasquale. Quelli di Avvento non sono equiparabili a quelli del tempo di
Natale». Da qui il consiglio. «Il Messale e la Liturgia delle Ore indicano
quali contenuti devono avere i brani o a che cosa si devono ispirare. La
questione della scelta adeguata è essenziale perché il canto deve muovere alla
preghiera all’interno di un rito».
4. Brani non astrusi e con
riferimenti spirituali
Frisina suggerisce di privilegiare «melodie non troppo astruse e
complicate ma facili da apprendere da parte dell’assemblea». E precisa che
«sono da preferire canti con un testo di qualità, possibilmente nutriti di
Bibbia e di riferimenti agli scritti dei padri della Chiesa o alle preghiere
dei santi».
5. Spazio al gregoriano
Attingere al patrimonio musicale del passato è auspicabile,
sottolinea il sacerdote. In particolare al gregoriano che «va indubbiamente
utilizzato anche se secondo le possibilità della comunità che lo esegue, in
quanto non è sempre facile». Certo, chiarisce Frisina, il gregoriano «resta il
modello e ci mostra come deve essere un canto liturgico, a partire dal legame
con la Parola».
6. Chitarra sì o no?
Monsignor Frisina parla della chitarra come di «uno strumento
leggero e delicato che difficilmente riesce a inserirsi in una celebrazione
numerosa dove è presente un coro ampio. In questo caso occorre un sostegno armonico
più solido, vale a dire l’organo». Comunque, «in una piccola comunità dove
l’organo non è presente la chitarra, può essere un sussidio ma legato alle
necessità». E serve saperla suonare. «Non va impiegata come si fa nella musica
pop. Perché la chitarra è uno strumento a pizzico e non a percussione».
7. Niente canti registrati
Quando non c’è il coro e quando un’assemblea fa fatica a
cantare, meglio il silenzio rispetto ai canti registrati. «Il canto registrato
è un falso. È di plastica, come i fiori artificiali. Il canto liturgico è
espressione di un popolo vero; pertanto non può essere costruito».
8. Nei matrimoni troppe licenze
Musiche da film, brani di un cantautore, colonne sonore entrano
nei matrimoni. Ma non va. «Questo è frutto di ignoranza – sostiene il sacerdote
– e della superficialità degli sposi che non hanno chiaro il senso liturgico
del sacramento che celebrano».
9. Prepararsi bene
Secondo Frisina, ogni celebrazione «richiede sempre un’adeguata
preparazione anche se i canti sono conosciuti ed eseguiti in precedenti
occasioni».
10. Insegnare a cantare
«La musica sacra – conclude il compositore – apre al mistero.
Tocca il cuore, avvicina i lontani, non ha bisogno di traduzioni. Essa unisce
ed eleva: ecco il suo potere straordinario. Allora dovremmo imparare e
insegnare a cantare. Perché oggi si canta poco nelle nostre chiese e le
assemblee non sono abituate a esprimersi con il canto».
Fonte: Avvenire.it