San Tommaso associa il termine
delectatio, che indica il piacere, al
termine dilectatio, che indica l’esperienza
della “dilatazione” fisica e spirituale insieme, che è conseguenza della gioia
cristiana. L’assonanza fonetica tra l’aggettivo laetus (da cui deriva la laetitia)
e l’aggettivo latus (largo) fa pensare
alla capacità della gioia di dilatare lo sguardo e il cuore, oltre ogni
chiusura, verso spazi di comunione e libertà. E’ quello che cerca di fare la
festa, la cui vocazione è quella di dilatare la gioia nella globalità delle
dimensioni della vita e nella totalità del coinvolgimento interpersonale.
[…]
Lodare, ringraziare,
incontrare, mangiare, danzare, giocare, ridere, riposare, correre, camminare:
sono i verbi della festa, attraverso i quali prende forma la gioia cristiana.
Sono azioni complesse da attivare, dal momento che hanno bisogno di spontaneità
e insieme di una certa disciplina, proprio come il rito. Là dove la comunità
impara l’arte della festa comunitaria, quest’ultima non diventa più la scusa o
l’occasione pastorale per fare delle cose, allo scopo di rianimare la comunità.
La festa diventa l’incontro dei sensi con il senso pasquale della vita: il
luogo teologico in cui la vita è evangelizzata a partire dai bisogni e dai
desideri del cuore; il tempo nel quale il Vangelo è incarnato in una promessa
di vita che non mette tra parentesi le fatiche della terra, ma lascia
intravedere, alla luce di un cielo più alto e di una speranza più grande, il
tempo dei fiori e dei frutti; lo spazio in cui il “corpo spirituale” entra in
comunione con il corpo degli altri, della comunità, del creato, nella comunione
con Dio,
Fonte:
Paolo
Tomatis, Il pozzo e la sorgente. Sensi e
sentimenti nella liturgia, Messaggero, Padova 2019, pp. 115 e 117.