At 2,1-11; Sal 103 (104); Rm
8,8-17; Gv 14,15-16.23b-26
Riprendendo le parole del
salmo responsoriale, la Chiesa proclama che abitiamo in un mondo amico, nel
quale possiamo contemplare la presenza amorosa del Signore. La Pentecoste
celebra la presenza dello Spirito che rinnova mondo e uomini. E’ la Pasqua
comunicata, senza misura, alla Chiesa.
Le
tre letture bibliche offrono una ricca riflessione sull’azione dello Spirito
Santo nella vita cristiana. La prima lettura descrive l’evento della
Pentecoste, in cui la Chiesa nascente riceve il dono dello Spirito. L’intreccio
dei simboli assume il ruolo di presentare allusivamente lo Spirito e la sua
opera. Il vento è improvviso e inarrestabile, il fuoco illumina e riscalda, la
parola dà senso e comunica in tutte le lingue. Il dono delle lingue, detto
“glossolalia”, significa il dono dei carismi diversi che lo Spirito elargisce;
doni diversi, ma donati dallo stesso Spirito, che è sorgente di unità nella
diversità. Ecco quindi che Dio irrompe nella nostra vita per ricrearla e
unificarla. Ce lo ricorda san Paolo nella seconda lettura: la carne divide; lo
Spirito unifica. E’ lo Spirito di Dio che, pur nella diversità di razze e di
culture, rende accoglienti gli uni verso gli altri nella carità di Cristo.
Il
brano evangelico continua il discorso sugli effetti della presenza dello
Spirito nel cuore dei credenti. Lo Spirito è con noi per sempre. E’ la promessa
di Gesù: “il Padre vi darà un altro Paraclito perché rimanga con voi per
sempre”. Cristo è stato il primo Paraclito o Consolatore - Protettore dei
discepoli; lo Spirito Santo è il secondo Consolatore che accompagna la comunità
dei discepoli di Gesù nel loro cammino fino all’incontro definitivo con il
Signore. Non abbiamo bisogno di vivere con gli occhi rivolti costantemente
verso il cielo dal quale dovrà ritornare un giorno il Figlio dell’uomo, e
neppure con gli occhi rivolti ad un passato, al Gesù terreno, che ormai non è
più. Noi cristiani abbiamo a che fare con una forma nuova di presenza di Gesù
Cristo: il Consolatore, il Protettore, il Sostegno è d’ora in poi lo Spirito
Santo, la cui funzione è appunto quella di rendere comprensibile e attuale per
noi il Gesù terreno.
Possiamo
sintetizzare con le parole di Atenagora cosa sarebbe il cristianesimo senza o
con lo Spirito: “…senza di lui, Dio è lontano, il Cristo è nel passato, il
vangelo è lettera morta, la Chiesa una semplice organizzazione, l’autorità
dominio, la missione propaganda, il culto evocazione e l’agire cristiano una
morale da schiavi. Ma in lui il cosmo è innalzato e geme nella gestazione del
Regno, l’uomo è in lotta contro la carne, il Cristo risorto è presente, il
vangelo è potenza di vita, la Chiesa significa comunione trinitaria, l’autorità
è al servizio liberatore, la missione una Pentecoste, la liturgia memoriale e
anticipazione, l’agire umano è deificato”. Con l’effusione dello Spirito viene
“portato a compimento il mistero pasquale” (prefazio). La pasqua non sarebbe
completa senza il dono dello Spirito. Il disegno del Padre portato a termine
dal Figlio incarnato nel mistero della sua morte e risurrezione trova
compimento nel dono dello Spirito, dono di Cristo che proviene dal Padre, fonte
ultima dalla quale anch’egli viene.
L’eucaristia
è il “cibo spirituale che ci nutre per la vita eterna”. In questo cibo è
“sempre operante in noi la potenza dello Spirito” (orazione dopo la comunione).
Anzi, la comunione eucaristica fa sì che lo Spirito “abiti in noi” (cf. 1Cor
3,16) e che “il nostro corpo sia tempio dello Spirito Santo” (cf. 1Cor 6,19).