Is 66,18-21; Sal 116 (117); Eb
12,5-7.11-13; Lc 13,22-30
Le
letture bibliche di questa domenica ci invitano a dare uno sguardo al progetto
di Dio sulla storia e sull’uomo, un progetto di salvezza che abbraccia gli
uomini di tutti i tempi. Infatti il piano salvifico di Dio si rivolge a tutti
gli uomini senza distinzioni, a tutte le nazioni della terra. Ben sei secoli
prima di Cristo, la voce del profeta, che abbiamo ascoltato nella prima
lettura, reagendo ai primi sintomi di integralismo presenti nella comunità
ebraica ricostituitasi dopo l’esilio babilonese, proclama che Dio radunerà
“tutte le genti e tutte le lingue”. Le parole di Gesù che abbiamo ascoltato
alla fine del brano evangelico stanno sulla stessa linea d’onda: “Verranno da
oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa
nel regno di Dio”. La novità del messaggio evangelico sta nella dilatazione
dell’orizzonte, non più etnocentrico, e nella chiamata gratuita dei popoli per
prendere parte al destino di salvezza promesso a Israele. Per mezzo di Gesù
Cristo, Dio offre la salvezza a tutti, singoli e popoli. L’unica condizione
richiesta è la sua accoglienza umile e perseverante, accompagnata da uno stile
di vita coerente. Notiamo che le parole di Gesù sono parte della risposta che
egli dà alla domanda che gli è stata rivolta da un anonimo interlocutore su
quanti sono coloro che si salvano. Gesù non dice né se saranno pochi, né se
saranno molti “quelli che si salvano”: lancia solo un appello all’impegno
personale.
Il
futuro di salvezza universale si costruisce attraverso un cammino che non è
esente da difficoltà. Anzi, è proprio attraverso la lotta e la sofferenza che
il piano di Dio si compie nella storia. Dietro queste sofferenze però non ci
sta un Dio ostile, nemico dell’uomo, ma un padre che, “corregge colui che egli
ama” (seconda lettura). In questo contesto, possiamo interpretare anche le
parole di Gesù quando ci invita a sforzarci “di entrare per la porta stretta”.
La porta stretta è la fatica della fede: la salvezza è a portata di tutti, ma
richiede impegno e sforzo personale. La piena appartenenza alla comunità dei
salvati si sancisce non sulla base di una iscrizione formale ma sulla base di
un’adesione etica ed esistenziale. Non basta neppure partecipare regolarmente
all’eucaristia, bisogna anche lasciarsi coinvolgere dal senso del mistero
celebrato ed entrare in vera comunione di vita con il Signore. Nonostante la
salvezza sia dono di Dio, essere salvati dipende da noi. Siamo noi che dobbiamo
decidere se passare o no attraverso la porta. Nessuno è salvato a priori,
indipendentemente della grazia di Dio e del proprio sforzo personale.
Nell’orazione dopo la
comunione chiediamo al Signore che porti a compimento “l’opera redentrice della
sua misericordia”. L’eucaristia ripresenta sacramentalmente il sacrificio di
Cristo offerto una volta per sempre per la salvezza di tutto il mondo.