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domenica 6 ottobre 2019

IL MISTERO



 

Viviamo in un mondo troppo pieno, troppo veloce. Dove ogni momento è saturo e ogni luogo connesso. Senza silenzio, senza vuoto. Senza vie d’uscita. Eppure, al di là delle pretese del tempo che viviamo di riempire tutto ciò che sta attorno a noi (e in noi), con la presunzione di colmare ogni attesa, l’uomo contemporaneo si sente ancora interrogato da una mancanza. Da un vuoto che non è angosciante ma creativo e promettente. Da un’essenziale inquietudine che è anche un’apertura. Lo dice bene il poeta fiorentino Mario Luzi: “Di che è mancanza questa mancanza, cuore, che ad un tratto ne sei pieno?”

 

Non dunque “l’uomo misura di tutte le cose”. Ma la dismisura come misura dell’uomo.

 

Etimologicamente, contemplare (cum – templum) significa immergersi in uno spazio libero e vasto. È il modo che l’uomo ha imparato per lasciarsi interrogare da quella mancanza di cui siamo fatti. Che non è semplice carenza da riempire, ma desiderio di ulteriorità e capacità di eccedenza. Un desiderio che non possiamo colmare da soli.

 

Lucan associa il desiderio allo sconcerto. A una sorpresa che insieme sconvolge e riattiva la vita. Così, attraversare la mancanza, non solo come inquietudine, ma anche come mistero e grazia, significa essere custodi della trascendenza, come condizione per tenere insieme la mancanza con la pienezza, il limite con l’eccedenza, il visibile con l’invisibile, la realtà particolare con la sua proiezione universale.

 

Fonte: Chiara Giaccardi – Mauro Magatti, La scommessa cattolica. C’è ancora un nesso tra il destino delle nostre società e le vicende del cristianesimo?, Il Mulino, Bologna 2019, pp.139-140.