LA CRISI DEL SACRAMENTO DELLA PENITENZA
Andrea Grillo –
Daniela Conti, Fare penitenza. Ragione sistematica e pratica pastorale del
quarto sacramento (Comunità cristiana: Linee emergenti, Nuova serie),
Cittadella Editrice, Assisi 2019. 248 pp. (€ 17,50).
I due Autori
ci offrono due contributi complementari: una teologia del sacramento esaminata
nella sua complessità e restituita alla sua essenzialità, in vista di una
pratica coerente (Grillo); un quadro realistico della prassi pastorale del
quarto sacramento e in particolare della “prima confessione” (Conti).
La Chiesa ha
molti modi di “fare penitenza”, ma il “sacramento della penitenza” ha assorbito
gradualmente tutta l’esperienza penitenziale, identificando di fatto, almeno
negli ultimi tre secoli, la “penitenza della Chiesa” con la “assoluzione
sacramentale”. Non vi è dubbio che il sacramento della penitenza conosce oggi
una certa crisi non solo di quantità, ma anche di qualità. Tuttavia la diminuzione
di coloro che lo frequentano non significa automaticamente una crisi di senso.
Il sacramento
della penitenza deve essere considerato come una via non ordinaria di esercizio
della penitenza. Il battesimo e l’eucaristia abilitano a vivere la
riconciliazione con l’esercizio ordinario della penitenza. Questa penitenza non
ha bisogno di “altri” sacramenti al difuori del battesimo e della eucaristia. Se
però il cristiano cade nel peccato grave, allora il battesimo e l’eucaristia
conoscono una grave crisi. A tale crisi rimedia il sacramento della penitenza,
riabilitando il cristiano all’esercizio del proprio battesimo nella comunione
eucaristica. La penitenza in questo caso si fa “sacramento” diverso dall’eucaristia,
perché deve rimediare ad una grave crisi di appartenenza ecclesiale. Questo non
significa che il IV sacramento risulti strutturalmente ridimensionato: esso
viene invece pienamente valorizzato perché ricondotto alla sua funzione più
propria.
La prassi
della confessione previa alla prima comunione induce a ritenere che il
sacramento della penitenza sia un sacramento dell’Iniziazione, finalizzato a
far sì che il fanciullo possa vivere in pienezza la comunione con Cristo e con
la Chiesa nell’eucaristia, e non un sacramento della guarigione, il cui fine è
ri-portare alla comunione piena perduta a causa del peccato. Ponendo
necessariamente il IV sacramento nel normale passaggio tra battesimo ed
eucaristia risulta difficile cogliere l’unitarietà dei sacramenti dell’Iniziazione
e si alimenta l’idea che il IV sacramento sia sempre necessario per fare la
comunione, inducendo una minor frequenza all’eucaristia o una eccessiva
frequenza alla confessione ridotta ad un atto puramente necessario.
Ho riassunto
ciò che mi pare la sostanza di quanto i due Autori sviluppano con chiarezza e competenza.
È un volume che deve far riflettere sia ai teologi che agli impegnati nella
vita pastorale.
M. Augé