2Re 5,14-17; Sal 97 (98); 2Tm
2,8-13; Lc 17,11-19
La prima lettura ci riferisce
della guarigione di Naamàn, un ufficiale siro non appartenente al popolo di
Israele, che riconosce l’opera della salvezza compiuta dal Signore in lui. Il
brano della lettera a Timoteo riporta la testimonianza di san Paolo in catene
per il vangelo, che esclama: “sopporto ogni cosa per quelli che Dio ha scelto,
perché anch’essi raggiungano la salvezza”. In fine, il vangelo racconta che dei
dieci lebbrosi guariti da Gesù solo un samaritano, uno straniero, dopo la
guarigione, torna indietro a ringraziare il Signore che gli dice: “La tua fede
ti ha salvato”. Il messaggio è chiaro: anche gli “esclusi” ed i “non privilegiati”,
come i lebbrosi e gli stranieri sono chiamati a godere dei benefici della
salvezza
Il vangelo “è potenza di Dio
per la salvezza di chiunque crede” (Rm 1,16). Tutti sono chiamati alla fede e
quindi alla salvezza. Diciamo di vivere nel tempo della globalizzazione. I
nostri problemi sono i problemi degli altri, vicini e lontani. I moti migratori
fanno sì che le nostre città siano diventate sempre più eterogenee,
multiraziali. Parliamo di “extracomunitari”, ma in fondo sappiamo che tutti
siamo membri di una grande e unica comunità umana. Il momento storico che
stiamo attraversando può divenire il grande segno che Dio chiama tutti a creare
un mondo riconciliato, unito nella diversità, armonioso e pacifico, in cui
uomini e donne di diverse razze e popoli si ritrovino tutti fratelli e sorelle,
figli e figlie di Dio e riconoscano in Gesù Cristo il loro Salvatore. Se la
salvezza è per tutti i popoli, dobbiamo guardare i fenomeni odierni con
serenità e aprirci alla speranza. Al di là dei problemi che possa creare
l’attuale situazione, il cristiano deve saper scorgervi il disegno salvifico di
Dio. Chiudersi in se stessi egoisticamente non è da credenti. Con questi nostri
fratelli “non ci stanchiamo mai di operare il bene” (colletta), quel bene che
diventa segno del bene supremo della salvezza che Dio offre a tutti.
L’eucaristia è “espressione
perfetta della nostra fede” (orazione sulle offerte). Essa ha quindi una
dimensione ecumenica e missionaria. Nell’eucaristia entriamo in comunione con
Cristo che ha dato se stesso per noi e per tutti gli uomini fino al sacrificio
di sé. Inoltre, partecipando al sacrificio eucaristico rinsaldiamo la nostra
unità come Chiesa: “Il calice della benedizione che noi benediciamo, non è
forse comunione con il sangue di Cristo? E il pane che noi spezziamo, non è
forse comunione con il corpo di Cristo? Poiché vi è un solo pane, noi siamo,
benché molti, un solo corpo: tutti infatti partecipiamo all’unico pane” (1Cor
10,16-17). Analogamente, forti dell’amore del Signore che ci viene offerto e
comunicato, siamo chiamati a fare dono di noi stessi ai nostri simili, a tutti
gli uomini, per ricreare un tessuto di solidarietà e di comunione nella nostra
società.