Salmo
responsoriale: (Sal 121) - Rit. “Andiamo con gioia incontro
al Signore”
L’Avvento ricorda le due
venute del Signore e le mette in intimo rapporto, la prima nel mistero della
incarnazione e la seconda alla fine dei tempi: “Al suo primo avvento
nell’umiltà della nostra natura umana egli portò a compimento la promessa
antica, e ci aprì la via dell’eterna salvezza. Verrà di nuovo nello splendore
della gloria e ci chiamerà a possedere il regno promesso che ora osiamo sperare
vigilanti nell’attesa” (prefazio dell’Avvento I). Questa I domenica è tutta
quanta incentrata sulla venuta del Signore alla fine dei tempi, alla quale
siamo invitati a prepararci. Quando facciamo delle scelte nella vita di ogni
giorno, le facciamo avendo davanti l’immagine di un futuro che intendiamo
raggiungere: economico, sociale, culturale, ecc. Oggi siamo invitati a farle
guardando anche al futuro di Dio, di un Dio che viene per noi.
Gesù afferma nel vangelo (Mt
24,37-44) che l’incontro con lui alla fine del nostro pellegrinaggio sarà
improvviso e inatteso: “vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il
Signore vostro verrà”. Non si tratta di una vigilanza passiva e inoperosa, ma
attiva e dinamica; dobbiamo andare incontro al Cristo che viene “con le buone
opere” (colletta). Tutta la vita dev’essere una preparazione prolungata e
fedele a Cristo che viene. Un messaggio simile lo troviamo nella prima lettura
(Is 2,1-5), in cui il profeta ci esorta a percorrere il nostro cammino “nella
luce del Signore”. San Paolo, riprendendo il simbolismo della luce e, dopo aver
ricordato che siamo nella notte in attesa dell’alba luminosa dell’avvento di
Cristo, ci invita (Rm 13,11-14) a svegliarci perché il giorno della salvezza è
vicino. In questo contesto, l’Apostolo aggiunge che dobbiamo gettare via le
“opere delle tenebre” e comportarci “come in pieno giorno”. Il futuro verso il
quale camminiamo deve innestare nel presente la tensione per l’impegno nei
valori che, vissuti nel presente, conducono a quelli futuri e definitivi. Ogni
attimo della nostra vita è impastato di eternità. Perdere la memoria del futuro
equivale ad appiattire il presente. I cristiani siamo uomini e donne di
memoria, e quindi di attesa. La nostra esistenza di credenti è destinata a
svolgersi, come è naturale, in seno alla storia concreta degli uomini ma allo
stesso tempo è chiamata a far lievitare la storia con la novità della speranza,
cioè con la fede nel progetto di salvezza che Dio compie nella storia.
La partecipazione
all’Eucaristia ci sostiene nel nostro cammino e ci guida ai beni eterni (cfr.
orazione dopo la comunione), è “pegno di salvezza eterna” (orazione sulle
offerte).