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domenica 1 novembre 2020

IL VALORE UNIVERSALE DEL RITO

 


 

I filosofi cinesi riflettevano sulla natura e sugli usi del rito nello stesso modo in cui i filosofi greci cercavano di definire la legge e di costruire un sistema giuridico ideale. Mentre i filosofi greci riflettevano sull’essere delle cose, nella stessa epoca i loro omologhi cinesi discutevano sull’azione umana (il cui paradigma è fornito dall’azione rituale): questo era il centro delle loro riflessioni.

Parlare di “ritualizzazione” significa evocare il modo in cui viene codificato un comportamento, che così diventa normativo. Gli psicologi spesso considerano la ritualizzazione come un meccanismo che permette di controllare socialmente la manifestazione delle emozioni. La “deritualizzazione” costituisce il fenomeno opposto. Chi controlla il rito controlla l’immagine che la società dà di sé stessa.

I riti spesso si incrociano con dimensioni religiose, sociali e politiche.

Gli effetti e le ragioni del fare rituale costituiscono uno dei temi essenziali della riflessione dei pensatori cinesi, almeno dall’epoca di Confucio fino all’inizio dell’impero Han.

I riti esplicitamente sacri possono essere visti come un’estensione deliberata, intensificata e altamente elaborata dell’intercomunicazione civile quotidiana.

Confucio vede nella pratica rituale i caratteri di un ideale sociale: “La vita umana nella sua totalità alla fine appare come un rituale, allo stesso tempo vasto, spontaneo e santo: la comunità degli uomini”. Pertanto, i difetti che si possono eventualmente notare nel funzionamento del rituale rivelano le lacune sociali stesse.

L’esercizio dei riti al di fuori del substrato fornito dalla virtù di umanità è solo una lettera morta, una lettera dalla quale si è allontanato lo spirito.

Se il potere era in grado di strumentalizzare il rito – e non ha esitato a farlo –, gli autori cinesi lo hanno al tempo stesso teorizzato come esercizio di una funzione regolatrice di controllo, di pacificazione e di limitazione degli appetiti: il rito opera una trasformazione umana e spirituale che inserisce l’uomo in un orizzonte sempre più vasto.

La lettera della legge come quella del rito reca la morte se lo spirito non la vivifica e conduce a superarla. Nel mondo giudeo-cristiano, come pure in quello cinese, tutti i processi di umanizzazione partono dal cuore e riconducono ad esso.  

Cf. Benoît Vermander S.I., “Rituale o ritualismo? Lo spirito del confucianesimo”, in La Civiltà Cattolica, n. 4086 (19 sett./3 ott. 2020), pp. 471-480.