Goffredo Boselli, Le nozze
dell’Agnello. Guida alla nuova traduzione del Messale, San Paolo, Cinisello
Balsamo 2020. 95 pp. (€ 9,00).
In questo volumetto, l’autore
offre una preziosa e puntuale guida alle novità più rilevanti della nuova traduzione
del Messale. In seguito offro le pagine che illustrano i cambiamenti nel rito
della comunione (pp. 56-61).
Nei riti di comunione è stata
modificata e ritradotta la formula di invito alla comunione che segue immediatamente
l’Agnello di Dio. Messale del 1983: “Beati gli invitati alla Cena del
Signore. Ecco l’Agnello di Dio, che toglie i peccati del mondo”. Messale del
2019: “Ecco l’Agnello di Dio, ecco colui che toglie i peccati del mondo. Beati
gli invitati alla cena dell’Agnello”. La nuova edizione del Messale sceglie di
essere fedele al testo dell’edizione latina del Missale Romanum che così
recita: “Ecce Agnus Dei. Ecce qui tollit peccata mundi. Beati qui ad cenam Agni
vocati sunt”.
Questa modifica ha un valore
rilevante perché in primo luogo ripristina la successione originale della sequenza
rituale, che le due precedenti edizioni italiane del Messale avevano scelto di
modificare, invertendo l’ordine della frase, forse non comprendendo la mens
rituale sottostante. Il presbitero, presentando all’assemblea il pane spezzato
e il calice – vertice iconico dell’eucaristia perché il pane è mostrato spezzato
e insieme al calice del vino – riprende l’invocazione “Agnello di Dio” della
triplice litania appena cantata e lo contempla citando alla lettera l’espressione
del Battista nel quarto vangelo “Ecco l’Agnello di Dio”, aggiungendo “ecco colui
che toglie i peccati del mondo” dell’ “ecco”, assente nel testo finora in uso.
Ma il valore della novità di
questa sequenza rituale consiste soprattutto nell’aver tradotto fedelmente il
testo latino “Beati qui ad cenam Agni vocati sunt”, “Beati gli invitati alla
cena dell’Agnello” riconsegnando così alla liturgia la citazione diretta,
sebbene non completa, dell’Apocalisse di Giovanni (cf. Ap 19,9) introdotta
dalla riforma dell’Ordo Missae del Messale di Paolo VI. Nelle edizioni
precedenti, i traduttori italiani hanno preferito rendere “cenam Agni” con “cena
del Signore”, ponendo in ombra la dimensione escatologica che questa
espressione giovannea contiene ed evoca.
Il Messale di Paolo VI,
facendo seguire alla formula “Ecce Agnus Dei, ecce qui tollit peccata mundi”,
già presente nel Messale di Pio V, il versetto “Beati qui ad cenam Agni vocati
sunt”, fa della beatitudine giovannea il culmine a cui giunge la frazione del
pane, aprendo questo rito a una dimensione escatologica essenziale alla
celebrazione eucaristica. La tavola del Signore sulla quale la Chiesa celebra
il memoriale della Pasqua di Cristo e la tavola della cena dell’Agnello sono un’unica
tavola. Quella della Chiesa è sacramento di quella del cielo.
“Beati gli invitati alla cena
dell’Agnello”, salutiamo con gioia e intima soddisfazione questa beatitudine,
che invita alla tavola del pane spezzato e dell’unico calice, corpo e sangue
del Signore, posti davanti agli occhi dell’assemblea mentre ai suoi orecchi
risuona la beatitudine dell’Apocalisse come promessa e profezia del banchetto
escatologico, la tavola del Regno promessa da Cristo: “Io preparo per voi un
regno […] perché mangiate e beviate alla mia tavola nel mio regno” (Lc 22,29).
Va tuttavia osservato che la
formula liturgica ha omesso nel testo latino il vocabolo “nozze” presente nel
versetto dell’Apocalisse: “Beati gli invitati alla cena di nozze dell’Agnello”
(Ap 19,9). La ragione per la quale i riformatori dell’Ordo Missae del
Messale di Paolo VI abbiano fatto questa scelta ci resta nascosta. A ben
guardare, la nuova traduzione italiana avrebbe potuto completare la citazione
giovannea, consapevole che la fedeltà alle Scritture, specie al Nuovo
Testamento, è superiore alla fedeltà materiale ad un testo liturgico dell’editio
typica. Lo hanno invece fatto i traduttori della nuova edizione del Messale
francese, rendendo “Heureux les invités au repas des noces de l’Agneau”.
E’ auspicabile che la prossima edizione italiana colmi la mancanza.