Il
sociologo Thomas Luckmann nel 1963-1967 pubblica il volume La Religione
invisibile. L’autore si colloca nel solco di due grandi classici europei
che a inizio secolo hanno cambiato la percezione del fenomeno religioso: L’etica
protestante e lo spirito del capitalismo di Max Weber del 1904-1905 e Le
forme elementari della vita religiosa di Émile Durkheim del 1912. Proprio
in quel 1963 in cui l’opera di Durkheim esce per prima volta in italiano,
Luckmann si ispira a Weber e Durkheim e indaga la religione nella società, la
religione come prodotto della società. L’autore tedesco spiega ai contemporanei
come la religione segua i mutamenti culturali e sociali e come i “temi
religiosi moderni” vadano molto oltre le espressioni tradizionali, cioè i riti,
le pratiche e le dottrine religiose. Oltre quanto giunge a pensare lo stesso
Luckmann, che non usa la categoria, una religione invisibile coesiste con la
religione visibile e addirittura la supera nella misura in cui declina la
religiosità d’una volta. Tale religione invisibile è ogni sistema di senso –
come la carriera, il sesso, la mobilità – che emerge in una società moderna in
cui si accentua iil ruolo dell’individuo. La religione non soltanto quella che
siamo abituati a riconoscere come tale, ovvero in Occidente quella che ha un
Dio personale e trascendente, una Chiesa, un credo, una morale, una liturgia,
funzionari e istituzioni. Può essere religione ogni sistema di senso e nella
società contemporanea gli individui possono riconoscersi in molti altri sistemi
di senso oltre a quelli religiosi tradizionali.
Questo
è ormai il tempo della pluralizzazione, dell’individualismo. La religione
compete con altre fonti di senso, come la scienza e la tecnologia, come il
mercato. Il “mercato spirituale”, espressione introdotta da Berger, è
apertissimo.
(cf.
Marco Ventura, Nelle mani di Dio. La super-religione del mondo che verrà,
il Mulino, Bologna 2021, pp. 110-111).