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formulario di Messa
Sap 3,1-9; Sal 41-42; Ap 21,1-5a.6b-7; Mt 5,1-12a
Il Giorno dei fedeli defunti è
anzitutto un giorno di speranza! Il brano del libro della Sapienza della prima
lettura apre il nostro cuore alla speranza: le anime dei giusti sono “nelle
mani di Dio” e “nella pace”. Anche la seconda lettura contiene un messaggio di
speranza: a partire dall’esperienza del cammino percorso dal popolo d’Israele
nel deserto prima di arrivare alla terra promessa, Giovanni annuncia che Dio
“asciugherà ogni lacrima” e abiterà con noi per sempre. Pure il brano
evangelico si chiude con parole che invitano alla fiducia, parole pronunciate
dallo stesso Gesù alla fine del discorso sulle Beatitudini: “Rallegratevi ed
esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli”.
“Le anime dei giusti sono
nelle mani di Dio, nessun tormento li toccherà”. Le mani sono come il
prolungamento della realtà più intima dell’essere umano. Rappresentano una
mirabile fusione del corpo e dello spirito. L’immagine delle “mani” è
particolarmente adatta ad esprimere quanto grande sia l’amore con cui Dio ci circonda.
Quando la Bibbia intende dare un simbolo al potere creatore di Dio, alle sue
imprese di salvezza o alla sua vicinanza di Padre, ricorre spesso all’immagine
delle mani. La mano è quindi simbolo del potere e dell’azione, ma anche della
misericordia e dell’amicizia di Dio: “Ho teso la mano ogni giorno a un popolo
ribelle” (Is 65,2), dice il Signore per bocca del profeta Isaia.
Il brano dell’Apocalisse che
abbiamo ascoltato appartiene all’ultima parte o ultima visione del libro, che
ha come tema di fondo il rinnovamento messianico dell’intera creazione, giunto
ormai alla sua piena realizzazione. Ecco perché l’insistenza sul termine
“nuovo” e sul fatto che ciò che era prima, col suo retaggio di male e di
sofferenza, è ormai superato “perché le cose di prima sono passate”, e che le
forze del male sono vinte definitivamente. Si parla della Gerusalemme futura,
simbolo di un’umanità nuova, il traguardo a cui Dio vuol condurre la sua opera
di salvezza. Gerusalemme è descritta con le due immagini della città e della
sposa. La città degli eletti, contrariamente a quella di Babilonia, è un dono
di Dio, che scende dal cielo, pronta come una sposa nel giorno delle nozze
definitive col Creatore. Quel giorno l’amore, finalmente palese e condiviso,
cancellerà ogni amarezza dal volto degli eletti. La terra e il mare, poi,
simboli della schiavitù degli Ebrei in Egitto, lasceranno il posto alla terra
promessa.
Nella lettura evangelica
abbiamo ascoltato il discorso delle Beatitudini, cuore del messaggio
neotestamentario. Gesù sale sulla montagna e pronuncia il discorso circondato
dai dodici apostoli e dalle folle: si tratta di una folla venuta da ogni dove,
persino dalla Decapoli e da oltre il Giordano. Si tratta quindi di un discorso
rivolto a tutti, non solo ai dodici e non solo al popolo giudaico, ma a tutti.
Questa pagina evangelica riassume l’oggetto totale della speranza cristiana di
fronte alla morte. Gesù però non parla solo di un futuro lontano. Per i profeti
le beatitudini erano al futuro, una speranza. Per Gesù sono al presente: “oggi”
i poveri sono beati. I destinatari dell’augurio sono quindi già ora “beati”,
sono cioè nella situazione giusta, nella corretta apertura a Dio. Resta vero in
ogni caso che si tratta di un messaggio che si attua in pienezza solo se rimane
aperto sull’eternità. Le Beatitudini sono la scommessa che il vero discepolo di
Gesù fa su una “nuova umanità”, resa possibile non dai soli sforzi umani, ma
dal Dio che ha scelto di stare dalla parte dei poveri, dei miti, dei giusti, di
coloro che soffrono per il bene e per la pace.