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domenica 28 novembre 2021

IL LEZIONARIO DELLA MESSA

 



 

Il Lezionario della Messa (Ordo Lectionum Missae [OLM]) va venerato come la Parola di Dio: la liturgia stessa ce lo insegna, quando circonda il libro dei Vangeli con tanti segni di venerazione (incenso, bacio, intronizzazione sull’altare e sull’ambone).

 

Il Lezionario contiene la Parola che Dio rivolge a tutta l’assemblea. “I libri, dal quale si desumono le letture della Parola di Dio […] devono suscitare negli ascoltatori il senso della presenza di Dio che parla al suo popolo. Si deve quindi procurare che anche i libri, essendo nell’azione liturgica segni e simboli di realtà superiori, siano davvero degni, decorosi e belli” (OLM 35).

 

Il Lezionario è un mezzo in più, tra i gesti simbolici, per mostrare la nostra comprensione e stima della Parola di Dio. “Poiché la proclamazione del Vangelo costituisce sempre l’apice della Liturgia della Parola, la tradizione liturgica, sia occidentale che orientale, ha sempre fatto una certa distinzione fra i libri delle letture. Il libro dei Vangeli veniva infatti preparato e ornato con massina cura, ed era oggetto di venerazione più di ogni altro libro destinato alle letture” (OLM 36).

 

All’inizio della celebrazione della Messa il diacono porta solennemente il libro dei Vangeli. Questo gesto indica che la Parola di Dio convoca l’assemblea e illumina la sua fede. L’Evangeliario viene, poi, deposto, chiuso, sull’altare. Il vescovo che presiede bacia l’altare e l’Evangeliario al termine della processione di ingresso. Altare e libro: il nostro duplice incontro con Cristo, parola e alimento della comunità cristiana. Duplice mensa alla quale siamo invitati.

 

Al momento della proclamazione del Vangelo, il diacono prende l’Evangeliario dall’altare: come il pane e il vino eucaristici sono presi dall’altare perché i fedeli si nutrano del corpo di Cristo, così anche il Vangelo è preso dall’altare affinché i fedeli si nutrano dalla parola di Cristo. Poi, accompagnato da accoliti con incenso e candelieri, si pone in marcia la processione verso l’ambone. Lì il diacono apre il libro. Prima di proclamare la lettura, il libro del Vangelo viene incensato. La proclamazione inizia con il triplice segno della croce. Il diacono tocca prima il libro, tracciandovi un piccolo segno di croce. E poi lo fa su sé stesso: sulla fronte, sulle labbra e sul petto, a significare l’accesso della parola evangelica nelle facoltà fondamentali della persona (intelletto, linguaggio e volontà). E’ l’espressione di un desiderio: che questa Parola che risuona in mezzo a noi penetri nella nostra persona, e illumini veramente i nostri pensieri, le nostre parole, i nostri sentimenti e le nostre azioni. Finita la proclamazione, colui che ha proclamato il Vangelo prende il libro nelle sue mani e lo bacia: un bacio a Cristo che ci ha parlato. Nel frattempo, dice sottovoce: “la parola del Vangelo cancelli i nostri peccati”, chiede cioè che questo Vangelo sia strumento di salvezza per noi, distruggendo il male che sempre ci insidia. Nelle celebrazioni più solenni, il vescovo può impartire la benedizione al popolo con l’Evangeliario (cfr. Ordinamento generale del Messale Romano, n. 175).

 

Il Lezionario o l’Evangeliario rimane aperto sull’ambone. Chiuderlo non avrebbe significato. Il libro aperto, alla vista del popolo, continua ad illuminare il resto della celebrazione eucaristica e tutta la vita della comunità.

 

Il Messale italiano affianca all’antifona alla comunione dell’edizione tipica latina un’antifona proveniente dal vangelo del giorno. In questo modo si ricorda l’unicità della tavola del Cristo pane di vita che si offre come nutrimento ai credenti nel suo corpo scritturistico e nel suo corpo eucaristico.

 

Accanto all’altare, abbiamo l’ambone (che significa “luogo elevato”, da anabaínein, “salire”), luogo della proclamazione della Parola. Dopo secoli di oblio, il ritorno dell’ambone all’interno dello spazio liturgico è segno della riscoperta del valore della Parola di Dio nella vita della Chiesa. L’ambone è, nella prima parte della celebrazione – come l’altare nella seconda – il centro dell’attenzione di tutta l’assemblea.