Pierangelo Sequeri, Gloria
della liturgia forza del credere. La celebrazione è la forma della Chiesa: non
si tratta di nutrire nostalgie ma di restituire incanto e bellezza a quel
“luogo” che apre il “tempo”, in “Luoghi dell’infinito”, ottobre 2021,
26-30.
Di questo
interessante articolo del Prof. Sequeri, offro in seguito ciò che sembra essere
lo schema fondamentale e minimo del suo discorso. Raccomando la lettura del
testo intero.
Il Professore inizia
affermando: “La celebrazione liturgica, prima ancora di ‘comunicare’ una forma
di Chiesa, la ‘fa’. La imprime e la esprime nel suo stesso esercizio”. Il
mistero accade nonostante la nostra pochezza, che spesso riduce il rito a mesta
incombenza disciplinare o a fantasiosa animazione dopolavoristica. Il passaggio
alla contemporaneità dell’ethos che deve ospitare e confermare la
bellezza di una celebrazione cristiana eloquente, nell’habitat della
città secolare, non è ancora avvenuto. Non si tratta di espedienti per
“animare” la liturgia, spesso così “creativi” da configurare una ritualità
parallela a quella prevista.
L’appello all’incanto
perduto del rito sacro, anche se erroneamente fissato sul blocco della
tradizione preconciliare e sull’uso della lingua latina, ha qualche ragione. La
traduzione e l’aggiornamento che ci mancano riguardano la pratica mistagogica
del rito. Troppo lunga è stata la sottovalutazione dell’estetico (il rito);
troppo precipitosa appare la sua conciliazione. Manca la sapienza fine di
un’estetica dell’intensità – non dell’animazione – della scena liturgica, della
memoria biblica, della fantasia ecclesiale.