Translate

giovedì 30 giugno 2022

DESIDERIO DESIDERAVI

 



 

Papa Francesco con la Lettera Apostolica Desiderio desideravi sulla formazione liturgica del popolo di Dio (29 giugno 2022), ci ha offerto un documento di profonda dottrina e spiritualità. Dopo una prima lettura, vorrei far partecipi i lettori del blog di alcune delle mie impressioni ripercorrendo le diverse parti del testo.

Basta guardare le 24 note citate lungo il testo per capirne lo stile. Il documento più citato è il Messale Romano, poi Romano Guardini e, infine, i grandi Padri della Chiesa latina: Agostino, Leone Magno, Ireneo di Lione. Come da molti augurato, il Papa ci introduce nell’ “uso” della liturgia, l’unico modo per evitare gli abusi.

La Lettera fa seguito al Motu proprio Traditionis custodes e intende offrire alcuni spunti di riflessione per contemplare la bellezza e la verità del celebrare cristiano.

La liturgia è l’ “oggi” della storia della salvezza, il cui centro è la Pasqua di morte e risurrezione. Nell’Eucaristia e in tutti i sacramenti ci viene garantita la possibilità di incontrare il Signore Gesù e di essere raggiunti dalla potenza della sua Pasqua. Il nostro primo incontro con la sua Pasqua è il nostro battesimo: in perfetta continuità con l’incarnazione, ci viene data la possibilità, in forza della presenza e dell’azione dello Spirito, di morire e di risorgere in Cristo. Senza l’incorporazione a Cristo non vi è la possibilità di vivere la pienezza del culto a Dio.

La liturgia è l’antidoto al veleno della mondanità spirituale. La liturgia ci prende per mano, insieme, come assemblea, per condurci dentro il mistero che la Parola e i segni sacramentai ci rivelano. La liturgia non ha nulla a che vedere con un moralismo ascetico: è il dono della Pasqua del Signore che, accolto con docilità, fa nuova la nostra vita.

La continua riscoperta della bellezza della liturgia non è la ricerca di un estetismo rituale. L’incontro con Dio non è frutto di una individuale ricerca interiore di Lui ma è un evento donato. La bellezza, come la verità, genera sempre stupore e quando sono riferite al mistero di Dio, porta all’adorazione.

La questione fondamentale è come recuperare la capacità di vivere in pienezza l’azione liturgica. L’uomo moderno ha perso la capacità di confrontarsi con l’agire simbolico che è tratto essenziale dell’atto liturgico. Sarebbe banale leggere le tensioni, purtroppo presenti attorno alla celebrazione, come una semplice divergenza tra diverse sensibilità nei confronti di una forma rituale. La problematica è anzitutto ecclesiologica. Stupisce che un cattolico non accolga la riforma liturgica che esprime la realtà della liturgia in intima connessione con la visione di Chiesa descritta dalla Lumen Gentium. La non accoglienza, come pure una superficiale comprensione, rendono urgente una serie e vitale formazione liturgica. Come affermava Guardini, senza formazione liturgica “le riforme nel rito e nel testo non aiutano molto”.

Bisogna distinguere due aspetti: la formazione alla liturgia e la formazione dalla liturgia. Il primo e funzionale al secondo che è essenziale. Ricordiamoci sempre che è la Chiesa, Corpo di Cristo, il soggetto celebrante, non solo il sacerdote. Una impostazione liturgico-sapienziale della formazione teologica nei seminari avrebbe certamente anche effetti positivi nell’azione pastorale.

Secondo Guardini, il primo compito della formazione liturgica è far sì che “l’uomo diventi nuovamente capace di simboli”. Il compito non è facile perché l’uomo moderno è diventato analfabeta, non sa più leggere i simboli. Ogni simbolo è nello stesso tempo potente e fragile: se non viene rispettato, se non viene trattato per quello che è, si infrange, perde la forza, diventa insignificante. La lettura simbolica non è un fatto di conoscenza mentale ma è esperienza vitale.

Un modo per crescere nella comprensione vitale dei simboli della liturgia è curare l’arte del celebrare. Il rito è per se stesso norma e la norma non è mai fine a se stessa, ma sempre a servizio della realtà più alta che vuole custodire. Come ogni arte, richiede diverse conoscenze: la comprensione del dinamismo che descrive la liturgia per non cadere nell’esteriorismo e nel rubricismo; conoscere come lo Spirito agisce in ogni celebrazione, per non cadere nel soggettivismo; conoscere le dinamiche del linguaggio simbolico.

Sono molti i modi con i quali l’assemblea partecipa alla celebrazione. Non si tratta di dover seguire un galateo liturgico: si tratta piuttosto di una “disciplina” – nel senso usato da Guardini – che, se osservata con autenticità, ci forma. Tra i gesti rituali occupa un posto importante il silenzio liturgico: è il simbolo della presenza e dell’azione dello Spirito Santo che anima tutta l’azione celebrativa. Molto si potrebbe dire sull’importanza e la delicatezza del presiedere: presiedere l’Eucaristia è stare immersi nella fornace dell’amore di Dio. Chi presiede non siede su di un trono; non ruba la centralità all’altare; non può presumere di se stesso per il ministero a lui affidato; non può dire “prendete e mangiate tutti: questo è il mio corpo offerto in sacrificio per voi”, e non vivere lo stesso desiderio di offrire il proprio corpo, la propria vita per il popolo a lui affidato.

Siamo chiamati a riscoprire la ricchezza dei principi generali esposti nei primi numeri della Sacrsanctum Concilium. Non possiamo ritornare a quella forma rituale che i Padri conciliari, cum Petro e sub Petro, hanno sentito la necessità di riformare, approvando sotto la guida dello Spirito e secondo la loro coscienza di pastori, i principi da cui è nata la riforma.

 

FONTE:

https://www.vatican.va/content/francesco/it/apost_letters/documents/20220629-lettera-ap-desiderio-desideravi.html