Byung-Chul Han vede un certo nesso tra la povertà artistica e
rituale contemporanea e il protestantesimo. Crediamo che si tratta del
protestantesimo nordico tradizionale, austero, bergmaniano, centrato sulla
Parola. Egli scrive dalla Germania, e non da paesi dove esiste un esuberante
cristianesimo protestante carismatico. “Il disincanto dell’arte la rende di
natura protestante. Viene, per così dire, de-ritualizzata e spogliata dalle sue
splendide forme: fino alla fine degli anni Ottanta, gli spazi in cui era
esposta l’arte sembravano ancora chiese cattoliche, piene di forme colorate e
figure esuberanti. Da allora, le correnti artistiche sembrano essere diventate
profondamente protestanti, concentrandosi sui contenuti e sulla parola parlata
o scritta”. Ci sembra che si possa leggere qui una certa nostalgia per l’arte
barocca e il suo re-incanto del mondo, un passaggio attraverso i sensi assunto
con gioia. I rituali incantano il mondo, e noi ne abbiamo bisogno. “I rituali e
le cerimonie sono gli atti genuinamente umani che fanno apparire la vita come
una storia incantevole, celebrativa”. Questa è un’intuizione molto bella,
secondo noi! La liturgia non è necessariamente austera: unisce gioia e
silenzio, comunione e serena introspezione. Crea una comunità in cui gli esseri
umani ascoltano insieme, tacciono insieme, e in questo stesso movimento sanno
di essere parte dello stesso corpo.
Fonte: Marc Rastoin S.I., I Rituali: una necessità
antropologica. Il pensiero di Byung-Chul Han, in “La Civiltà Cattolica”, n.
4124, anno 173, 123-131 (qui: p. 130).
Di Byung-Chul Han abbiamo presentato il libro “La scomparsa
dei riti” (in questo blog il 30 maggio 2021).