Eros non è sinonimo di “amore”. Non esprime la relazione amorosa
tra due persone ma solo l’impulso di una verso l’altra. Per indicare il
rapporto di amore intenso, come scambio reciproco e vincolo di affetto, i greci
usavano altri termini, philia e agape. Philia è parola complessa,
dai significati multipli: spesso assume un valore analogo al nostro “amicizia”
ma può indicare anche i sentimenti che legano due sposi o un genitore a un
figlio. In tutti i casi, comunque, indica un rapporto di affetto, reciproco e
liberamente scelto, tra due persone. L’analogo termine philotes ha
invece in Omero, quasi sempre una caratterizzazione erotica: indica l’unione
non solo affettiva ma anche sessuale tra due persone. “Unirsi nella philotes”
è l’espressione tipica per indicare l’atto sessuale nei poemi omerici. Il
sostantivo agape e il verbo agapeo sono, invece, termini
che Gesù usa nei Vangeli quando parla di amore. Il celebre precetto “Amerai il
prossimo tuo come te stesso” (Mc 12,31) suona esattamente in greco, agapèseis
ton plesion sou bos seautòn. “Dio è agape” si legge in 1Gv 4,16). […]
Da un lato, dunque, l’eros, come forza esterna e
imposizione sovrannaturale, come tirannia oscura e temibile. Dall’altro l’agape,
come libero e reciproco patto di affetto che unisce Dio alle sue creature e
lega gli uomini tra loro. In un saggio del 1893, il filosofo statunitense
Charles S. Pierce definirà “agapismo” la sua dottrina che vagheggiava un’idea
di amore e armonia universale. […]
Tuttora in greco moderno, “Ti amo” si dice Se agapò.
Fonte: Giorgio Ieranò, Le parole della nostra storia.
Perché il greco ci riguarda, Marsilio 2022, pp. 33-35.