Am 8,4-7; Sal 112; 1Tm
2,1-8; Lc 16,1-13
Per
bocca del profeta Amos (prima lettura), il Signore giura che non dimenticherà
mai le opere inique di coloro che erano a tal punto avidi e disonesti da attendere
con ansia la fine dei giorni di festa per riprendere i loro perversi affari a
danno dei clienti più poveri. Le parole del profeta sembrano dire esattamente
il contrario di quanto si deduce dalla parabola dell’amministratore astuto
riportata dal vangelo d’oggi. Infatti, le parole conclusive della parabola (“Il
padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con
scaltrezza”) suscitano perplessità. Gesù propone come modello il comportamento
di un amministratore disonesto, il quale davanti alla minaccia di perdere il
posto non esita a falsificare i bilanci praticando sconti ai debitori del suo
padrone in modo di assicurarsi poi da essi una qualche protezione. Notiamo però
bene, Gesù non loda la disonestà di questo amministratore, ma la sua prontezza
e scaltrezza nel prepararsi un futuro sicuro. E invita tutti gli onesti a fare
altrettanto: “I figli di questo mondo verso i loro pari sono più scaltri dei
figli della luce”. Sia il profeta Amos che Gesù ci esortano a vivere il
presente guardando al futuro, a non malversare il tempo che ci viene dato per
conquistare i beni eterni.
La
nostra esistenza rischia di trascorrere come quella di bambini distratti mentre
il tempo della vita scorre in fretta. Gesù biasima gli uomini indifferenti,
flaccidi, amorfi, superficiali che troppo spesso costella il panorama della
società del nostro tempo. Le parole di Gesù sono quindi un invito ad
amministrare con saggezza e prudenza i talenti ricevuti, mettendo i beni sia materiali
che spirituali al servizio del progetto che Dio ha sulla storia e sull’uomo.
Gesù vuole scuotere la nostra inerzia orientando la vita di noi tutti verso i
beni definitivi, verso il traguardo della
salvezza. E per portare a buon termine questo compito, ci viene ricordato che
non possiamo “servire a Dio e la ricchezza”. Qui il testo evangelico chiama la
ricchezza con un termine di origine fenicia “mammona”, quasi per indicare la
personificazione idolatrica dei beni di questo mondo che ci potrebbero offuscare
il cammino che conduce ai veri beni, quelli che arricchiscono presso Dio. Solo
chi ha il cuore libero dalla ricchezza di questo mondo, può essere degno della
ricchezza del Regno.
La
preghiera, di cui parla la seconda lettura, è capace di incidere sui fatti
della vita operando, alla luce della fede, un diverso approccio alle cose, una visione
del mondo che ci aiuti a valutare le realtà della terra alla luce dei valori
supremi e definitivi verso cui la nostra vita è protesa. Fedeli alla legge
dell’incarnazione, preghiamo nella vita e con la vita, non fuggendo dal mondo
degli uomini. Fedeli alla legge della risurrezione, indirizziamo la nostra
preghiera verso la piena realizzazione del Regno. La celebrazione
dell’eucaristia è una preghiera di lode i di ringraziamento per il dono supremo
della salvezza in Cristo, che viene ripresentato qui per noi, affinché “la
redenzione operata da questi misteri trasformi tutta la nostra vita” (orazione
dopo la comunione).