In tutta la cultura ebraica
sacro e pericolo sono legati a doppio filo. Nella tradizione si dice che la
Bibbia “brucia le mani” e che le lettere sulle pagine sono “fuoco nero su fuoco
bianco”. Ancora oggi, in sinagoga non si usa toccare i rotoli della Toràh con
le mani. Per tenere il segno o indicare una parola si usa una bacchetta con la
punta a forma di mano, che infatti si chiama iad, “mano”. Dentro la
Bibbia, poi, è piantata la parola più sacra e, quindi, più pericolosa: il tetragramma.
Il nome di Dio composto da quattro consonanti. Anticamente veniva pronunciato
una sola volta all’anno, durante la ricorrenza più solenne: Iom Kippùr,
il Giorno dell’espiazione. Lo faceva il sommo sacerdote nella parte più interna
del tempio di Gerusalemme, alla quale solo lui aveva accesso, mentre fuori gli shopharìm,
i corni d’ariete sonavano a tutto volume perché nemmeno potesse udirlo. Non
solo: il sommo sacerdote entrava nel cuore del tempio con una corda legata a
una caviglia, per poter essere trascinato fuori precipitosamente se qualcosa
fosse andato storto. Pronunciare il nome di Dio: un atto rischioso fino alla
fatalità. Questo è il motivo per cui spesso nella Bibbia ebraica il tetragramma
non e vocalizzato. L’alternativa consiste nel vocalizzarlo con le vocali di un’altra
parola al posto delle sue: Adonài, Signore. Si tratta di una indicazione
per il lettore: “Invece di pronunciare il tetragramma sacro, leggi Adonài”.
Fuori dall’ambito della
lettura biblica, gli Ebrei solitamente sostituiscono il nome di Dio con l’espressione
Hashèm, che significa semplicemente “quel nome”.
Spesso la religione viene presentata
come un ambito protettivo, un rifugio dentro il qual sentirsi sicuri. La
solidità dei sani principi, il conforto della tradizione, la consolazione che
deriva da un’antica saggezza. Forse le istituzioni sacre col tempo
subiscono una trasformazione chimica da conduttori a isolanti. Il fatto è che dove
non c’è un terrificante pericolo, non c’è neppure vera sacralità. Almeno,
questo è ciò che racconta la Bibbia.
Fonte: Roberto Mercadini, La
donna che rise di Dio e altre storie della Bibbia, Rizzoli 2023, pp.112-114.