Martin Ebner, La Chiesa
ha bisogno di sacerdoti? (Giornale di Teologia 454), Prefazione all’edizione
italiana di Flavio Dalla Vecchia, Queriniana, Brescia 2023. 124 pp. (€ 15,00).
Riproduco in seguito le due
prime pagine (5-6) della lunga prefazione (pp. 5-20).
È noto che fin dai primi
secoli è invalso nelle chiese l’utilizzo di un vocabolario sacerdotale per
designare il ministero dei vescovi e dei presbiteri nel senso ben riassunto da Lumen
Gentium 28, mentre uno sguardo al Nuovo Testamento prospetta una situazione
assai diversa: in esso la terminologia sacerdotale non è applicata ai ministeri
ecclesiali, ed è riservata invece al solo Gesù Cristo (così la Lettera agli
Ebrei) e al sacerdozio del popolo di Dio (1Pt 2,5.9; Ap 1,6; 5,10; 20,6).
In effetti il vocabolo ἱερεύς occorre 31 volte nel Nuovo Testamento, per designare anzitutto i
sacerdoti ebrei (Mt 8,4; 12,4.5; Mc 1,44; 2,26; Lc 1,5; 5,14; 6,4; 10,31;
17,14; Gv 1,19; At 4,1; 6,7) e in un caso il sacerdote del culto pagano (At
14,13); è inoltre applicato a Cristo (Eb 5,6; 7,1.3.11.14.15.17.20.21.23; 8,4;
9,6; 10,11.21) e al popolo di Dio (Ap 1,6; 5,10; 20,6); risalta infine la
totale assenza del vocabolo nell’epistolario paolino, che pure dedica ampio spazio
all’apostolato e ad altre funzioni esercitate nella chiesa. Si spiega in tal
modo perché i Riformatori, appellandosi all’autorità della sola Scriptura,
abbiano avanzato riserve e contestato la tradizione ecclesiale che attribuiva
al ministero cristiano qualità sacerdotali. In dialogo con quanto Ebner propone
in questa breve disanima non mi propongo di contestare una tradizione, ma di illustrare
le tendenze in atto nei primi tempi della chiesa, per rendere ragione dei
silenzi del Nuovo Testamento.
.....