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domenica 22 settembre 2024

LA TERZA FORMA DEL RITO DELLA PENITENZA

 



Roberto Bischer - Andrea Toniolo (edd.), Ripensare la Penitenza. La terza forma del rito: eccezione o risorsa? (Giornale di Teologia 463), Queriniana, Brescia 2024. 263 pp. (€ 22,00).

Un libro che vale la pena leggere e meditare. Scritto da diversi autori: liturgisti, moralisti e canonisti. Si parte dalla positiva esperienza in alcune diocesi di Italia nel tempo della pandemia, in cui è stato permesso dai vescovi l’uso della terza forma del rito della penitenza. È evidente la crisi della prassi penitenziale ma non il desiderio di riconciliazione.

È auspicabile che, benché forte una pratica sacramentale plurisecolare, la Chiesa non manchi di verificare se tra il senso oggettivo dei sacramenti e quello soggettivamente percepito dai cristiani di oggi non si sia creato un fossato tale, da richiedere un’azione di ripristino del senso originario dei sacramenti.

In questi ultimi decenni è maturata, da parte della comunità, l’esigenza di ricuperare una forma di riconciliazione che prenda atto anche dell’attuale nuova sensibilità delle persone (per esempio il rifiuto di prassi che potrebbero avere a che fare con il controllo delle coscienze).

Il processo per giungere a un nuovo sistema penitenziale è ancora aperto. Va curato il passaggio dalla confessione alla riconciliazione non per via della soppressione dell’accusa dei peccati, ma attraverso una sua migliore comprensione – che superi la visione “materiale” dell’integrità – e un suo più accurato adattamento all’insieme bilanciato degli atti che il penitente compie per riconciliarsi con la Chiesa.

Sia il Concilio di Trento, che gli altri documenti che da esso dipendono affermano che la confessione di tutti i peccati gravi al sacerdote è “iure divino” (cf. DH 1679, 1706s). Oggi nessuno dubita che questa espressione abbia molti significati nei testi di Trento.

La riconciliazione con la Chiesa ha portato a riflettere sulla finalità principale del sacramento del perdono dei peccati gravi e la sua distinzione dalla direzione delle coscienze e dall’esercizio della virtù di penitenza esercitata anche come confessione di devozione. Va meglio pensata e affermata la distinzione dei due generi.