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domenica 10 novembre 2024

“CORAM DOMINO”

 



 

Anzitutto bisogna ricordare che nella liturgia è all’opera Dio stesso che, nella sua iniziativa di salvezza, ci santifica mediante Cristo nello Spirito, ci raduna nella santa Chiesa e ci abilita nel medesimo Spirito alla lode filiale, al culto integrale nell’offerta del sacrificio perfetto che egli gradisce. Ecco, quindi, che tutto scaturisce dal Padre come salvezza e tutto ritorna a lui come lode o culto. Perciò l’azione liturgica è adorazione indivisa del Dio Uno nella Trinità delle persone divine, come risposta e accoglienza dell’azione unitaria e trinitaria di Dio, che opera la nostra santificazione. È dalla contemplazione dell’agire della SS.ma Trinità che scaturisce il vero volto della liturgia della Chiesa. Tra celebrazione liturgica e adorazione c’è un rapporto intrinseco (cf. Benedetto XVI, Esortazione apostolica Sacramentum caritatis, n. 66). L’adorazione al tempo stesso che prende le distanze da Dio in quanto ne riconosce la trascendenza, avvicina a lui perché ci rende consapevoli della sua presenza salvifica. A questo proposito, è utile ricordare il concetto biblico di “timore di Dio”. In rapporto all’atteggiamento religioso di timore che l’uomo greco aveva dinanzi ai suoi dèi, il rapporto con Dio dell’uomo biblico non è solo di timore ma anche di amore, come esprime bene il Sal 103,17: “L’amore del Signore è da sempre, per sempre su quelli che lo temono”. Il timore/amore di Dio è consapevolezza della sua presenza salvifica in mezzo a noi ed è quindi condizione necessaria affinché la celebrazione liturgica appaia “in conspectu Domini”, “coram Domino”.