Dn 12,1-3; Sal 15; Eb 10,11-14.18; Mc 13,24-32
Avviandoci
ormai alla conclusione dell’anno liturgico, le letture bibliche di questa
penultima domenica ci invitano a riflettere sulle ultime realtà, sulla fine
della storia e del mondo, quando cioè si compirà in modo definitivo la salvezza
che ora possediamo solo nella speranza. Il Catechismo
della Chiesa Cattolica riassume la fede della Chiesa su questo punto con le
seguenti parole: “Il giudizio finale avverrà al momento del ritorno glorioso di
Cristo. Soltanto il Padre ne conosce l’ora e il giorno, egli solo decide circa
la sua venuta. Per mezzo del suo Figlio Gesù pronunzierà allora la sua parola
definitiva su tutta la storia” (n. 1040). Le letture bibliche odierne ci
invitano ad approfondire alcuni aspetti di queste ultime realtà.
Il
brano del libro di Daniele, proposto come prima lettura, è uno dei testi più
caratteristici dell’Antico Testamento sul tema della retribuzione finale: la
salvezza verrà data in modo pieno e definitivo a quanti hanno operato il bene.
Il brano evangelico descrive il ritorno del Figlio dell’uomo alla fine dei
tempi che verrà a “radunare i suoi eletti”. Siamo invitati a vegliare ed essere
pronti (cf. canto al vangelo) perché “quanto a quel giorno o a quell'ora,
nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre”. Queste
misteriose parole, con cui si conclude il brano evangelico odierno, danno una
vigorosa lezione ai profeti di sventura intenti a determinare la fine del
mondo. Chi ha fede e fiducia, non ha bisogno di fare questi calcoli.
Ascoltando
le parole con cui Gesù descrive la fine dei tempi, siamo talvolta presi dallo
spavento. Notiamo però che il linguaggio usato dal Vangelo, chiamato linguaggio
apocalittico, proprio della tradizione ebraica, in fondo è un linguaggio che
viene adoperato per rivelare (apocalisse significa “rivelazione”) il senso
della storia e il destino dell’uomo. Dio ha su di noi “progetti di pace e non
di sventura” (antifona d’ingresso - Ger 29,11.12.14). La seconda lettura apre
il cuore alla fiducia in Cristo, nostro giudice, il quale sta alla destra di
Dio, ma ha offerto se stesso per il perdono dei nostri peccati. Il perdono
acquistato con il sangue di Cristo è sempre più grande di tutte le nostre
infedeltà. Ciò che all’esterno appare come catastrofe e rovina in verità è il
compimento della salvezza. Questo mondo va verso una fine, verso quel “giorno
del Signore” già invocato dai credenti di Israele, giorno di salvezza e di
giudizio. E ciò avviene per un preciso disegno di Dio che è Signore della
storia e del tempo.
Chi
prende sul serio l’incertezza e caducità di ogni cosa terrena, si apre al dono
della salvezza. Ma il pensiero della morte, della fine della nostra esistenza
terrena non ci deve indurre ad un atteggiamento di disimpegno nei confronti
della vita presente. Il servizio fedele e responsabile prepara “il frutto di
un’eternità beata” (orazione sulle offerte). Il futuro quindi appartiene anche
alle nostre mani, e ogni carenza di impegno diventa anche carenza di salvezza.