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domenica 24 novembre 2024

IL POPOLO SACERDOTALE DI DIO

 


Il popolo sacerdotale di Dio non è chiamato a dominare il mondo, ma a servirlo, come segno e strumento di riconciliazione, di unità; ad aver cura della casa comune e riunire tutti i popoli in una grande famiglia universale. E in questo nobile compito ha il suo ruolo necessario e imprescindibile la ritualità. Infatti, non c’è sacerdozio senza riti.

Caratteristica della modernità è una forte e crescente disaffezione verso il rito, la tradizione e il linguaggio simbolico, che va di pari passo con la crescita dell’individualismo Senza riti, la comunità si sgretola e pian piano scompare e il narcisismo si impone e si impadronisce delle persone.

È famosa l’affermazione dell’intellettuale africano del Senegal Léopold Senghor: “Gli occidentali dicono (con Renato Cartesio): penso, quindi sono; noi africani diciamo: danzo, quindi esisto”. Dobbiamo ricuperare il valore del rito, azione simbolica, come strumento de partecipazione e via attraverso cui entriamo nella profondità del mistero.

Attraverso la ripetizione, il rito ha un ruolo iniziatico. Il ripetersi degli stessi gesti e delle stesse formule in circostanze identiche e secondo un ritmo periodico, coloro che accedono al rito assumono pian piano i valori di un determinato gruppo.

I riti non si inventano, ma procedono da una tradizione, come succede con la lingua parlata.