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martedì 10 maggio 2016

ORIENTAMENTO… QUALE?


 
Questa breve riflessione non intende negare una tradizione che ha valutato l’orientamento della preghiera verso l’Oriente, anche se credo che oggi per la sensibilità dell’uomo postmoderno in un ambiente globalizzato, questa tradizione ha effetti più teorici che effettivi.

Nella liturgia romana troviamo anche una sottolineatura dell’orientamento verso l’alto. Ripercorriamo l’Ordinario della Messa: cantiamo “Gloria a Dio nell’alto dei cieli”; nel Credo affermiamo che Gesù risorto “è salito al cielo”; all’inizio del prefazio siamo invitati a innalzare i nostri cuori in alto (“in alto i nostri cuori”); e alla fine del prefazio, cantiamo “Osanna nell’alto dei cieli”; la prima preghiera eucaristica nel momento del racconto dell’istituzione dice che “Gesù prese il pane nelle sue mani santi e venerabili, e alzando gli occhi al cielo a te Dio Padre…”, e la rubrica del Messale dice che anche il sacerdote che pronuncia queste parole deve “alzare gli occhi”.

Vediamo che la maggior parte di questi testi parlano dell’alto dei cieli in cui c’è Dio, come preghiamo nel Padrenostro: “Padre nostro, che sei nei cieli”. Il cielo “è una manifestazione diretta della trascendenza, della potenza, dell’eternità, della sacralità, irraggiungibili per tutti gli abitanti della terra. Il solo fatto di essere elevato, di trovarsi in alto, equivale a essere potente (nel senso religioso della parola) e a essere come tale saturo di sacralità…” (J. Chevalier – A. Gheerbrant, Dizionario dei simboli. Miti, segni, costumi, gesti, forme, figure, colori, numeri [BUR saggi], Rizzoli 201512, p. 263).

Sono numerosi i testi eucologici del Messale Romano che parlano di questa dimensione simbolica. Nella IV domenica di Avvento, l’antifona d’introito canta il Rorate: “Stillate dall’alto, o cieli, la vostra rugiada e dalle nubi scenda a noi il Giusto…” E l’introito della II domenica dopo il Natale, dice: “il Verbo onnipotente è sceso dal cielo, dal trono regale” (… de caelis a regalibus sedibus venit). Si potrebbe continuare studiando la terminologia “celeste” che nella terza edizione del Messale Romano è abbondantissima: caeli, caelestis, ecc. appaiono ben 443 volte.

La liturgia ha una spiccata dimensione escatologica. La celebriamo fino a quando il Signore Gesù ritornerà. Il mistero dell’Ascensione che abbiamo celebrato domenica scorsa, ci invita ad attendere questo ritorno dall’alto: “…mentre lo guardavano, fu elevato in alto e una nube lo sottrasse ai loro occhi”. E due uomini in bianchi vesti dissero ai discepoli: “… Questo Gesù, che di mezzo a voi è stato assunto in cielo, verrà allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo” (At 1,9.11). Quando celebriamo l’Eucaristia, la celebriamo in attesa del ritorno del Signore: “finché egli venga” (1 Cor11,26) dall’alto dei cieli.

M. Augé